Sottotitolo: Del perché vorrei rinascere orientale
[Spoiler]
House of flying daggers è un film che è uno spettacolo per gli occhi.
A partire dalla bellezza dei protagonisti, delicata e forte insieme. I due protagonisti, Jin e Mei, sono due opere d’arte di carne. Oltre alla loro naturale bellezza, agli occhi così stranamente a mandorla, anche i loro abiti e i colori da cui erano circondati costringevano, in un certo senso, a guardarli.
La storia è un dramma universale che divide l’uomo: la fedeltà ai propri ideali, il sacrificio, la fine somma in nome di una causa, oppure una parvenza di felicità , la normalità , forse l’amore?
E’ ovvio che la sofferenza deve regnare sovrana su tutto, che il dolore è il padrone dell’immacolata e rossa scena finale.
Però il percorso. La sensualità e la precisione dei gesti. La pulizia degli sguardi e la profonda semplicità delle parole… Tutto ricostruisce un mondo che è lontano nello spazio, ma anche e soprattutto nel concetto: la Cina dell’800 è un contesto che un occidentale non può capire, in cui non si può immedesimare completamente. Eppure guardando Jin e Mei compiere una falsa, inutile fuga verso il loro nascere e morire insieme nessuno può sentirsi altrove, nessuno può sentirsi distante da quegli sterminati boschi di bambù o da quel profumato prato di fiori bianchi o da quella distesa di neve che piange sangue.
I colori sono esasperati, in certe scene parlano più delle stesse immagini, come quadri astratti che si presentano agli occhi di chi guarda, così, d’improvviso, per poi sfumare in altre tinte e altri toni e, infine, sparire in volti, in spade, in silenzio.
Vedere tutta questa bellezza mi fa sperare di rinascere come loro, nella prossima vita. Perché a volte penso che per essere così si debba appartenere a quella cultura fin dalla nascita, si debba venire al mondo intrisi di tutta quell’armonia di perfezione, disciplina e grazia infinita.
Certo, l’idea di trovare l’amore, quello, l’unico vero, e poi di perderlo immediatamente è un’idea che può fare impazzire. Ma tanto, sono convinta, è destino ritrovarsi ogni volta, in ogni esistenza successiva. E quindi è meglio lasciarsi andare a un destino crudele, per una volta, senza rimpianti, assaporando questo dolore come l’emozione più bella e sublime.
O, almeno, così mi sembra ora.
Un gran bel film…Zhang Yimou è un genio dell’arte visiva, e non solo!
…….sei uno gnocco………
e noi che ci aspettavamo un film tipo Regolamento di conti a Little Tokyo..
Ali, tu ti aspettavi Grosso Guaio a Chinatown. Io sono andata solo per vedere Lui…
Io mi associo al ” sei uno gnocco ” dell’Ali…dato che sono della partita…no cioè…
Cmq sarebbe stato davvero bellissimo vedere noi tre da fuori, mentre guardavamo il film….tre idiote che ripetono una alla volta ” sei uno gnocco”…”sei uno gnocco “….” sei uno gnocco”…..bah…la follia