… a chi ha messo ER Medici in contemporanea con Smallville, la domenica sera.
Proprio in questo periodo in cui il videoregistratore non va.
Forse è l’influsso di GTA S. Andreas, in cui si può sparare in testa e altrove praticamente a chiunque.
Cielo, come mi mancava scrivere qui, me ne accorgo solo ora che ho ricominciato a farlo.
Dovevo ricominciare domani, che è lunedì. Si comincia la dieta, si cominciano i buoni propositi, si comincia a scrivere sul blog.
Ma non è mica un lavoro, questo. E’ un momento di psicanalisi soggettiva e collettiva.
Sono stata troppo presa in attività di altro tipo, ma anche questa è una scusa imbecille, perché come ho trovato il tempo per tradurre, per leggere quello schifo di Repubblica.it che diventa sempre peggio e di guardarmi film più o meno belli come “La resurrezione della piccola fiammiferaia“, “Fuga da Los Angeles” e “Troppo belli“, potevo benissimo trovare anche il tempo di scrivere due righe qui.
Più che altro quando non scrivo ho paura di confrontarmi e di riflettere.
Confrontarmi con me stessa, non con tutti quei supereori della blogosfera che quest’estate hanno popolato le riviste tipo D, Donna In, Donna Moderna, Donna Emancipata, Donna Troia. Non mi interessa la celebrità . Anche se Andy di certo non si sbagliava, io non mi sento alla ricerca di popolarità . Mi fa schifo la popolarità . Penso che se una massa indistinta di gente, sudata, appiccicosa, sporca e ignorante comincia ad apprezzarti, allora sì che sei arrivato. Sei arrivato nel cesso del mondo, perché essere apprezzati dalla stessa massa che apprezza La Talpa con Paola Perego o L’isola dei famosi con quella sfigata della Ventura, beh, non è proprio un bel segno.
Tra l’altro, a differenza della maggior parte dei neo-laureati italiani, ho avuto anche la (s)fortuna di trovare lavoro. Un lavoro bellissimo (e non scherzo affatto) che mi diverte e che posso fare da casa. Traduco videogiochi. Meglio di così. Spero di continuare più o meno per sempre con questa occupazione. Per ora sorrido ogni mattina che ho un file nuovo. Poi si vedrà .
Ho presentato un delirante progetto di dottorato, che unisce il vecchio al nuovo. Perché ho sempre sostenuto che non si possono applicare vecchi metodi di studio alle arti nuove. Ma è anche ora di capire perché. Così, se mi prendo (seeee, magari), mi ritroverò a studiare l’arte digitale e le nuove tipologie narrative. I nuovi modi di organizzare il discorso narrativo (mi piace un sacco questa espressione, “discorso narrativo”). Insomma, cercherò di buttarmi a capofitto nello studio di quello che mi piace davvero: perché raccontare storie dura da sempre e per sempre continuerà ? Cosa c’è di tanto prezioso in una storia inventata e ben narrata? Come avviene oggi la narrazione?
Ma soprattutto… La vuoi la focaccia?
Stasera mi sento bene.
Sarà perché ho appena riavviato il computer, e sembra andare che è una meraviglia.
Sarà perché la camera in cui mi sono trasferita durante il “trasloco” per i lavori di restauro nella nostra casa è ampia e luminosa e mi si è riattivata la fotosintesi clorofilliana.
Sarà perché mercoledì torno in Toscana dopo due mesi che non ci vado.
Sarà perché ci sono tante cose in ballo, e anche se non se ne realizzerà nessuna, l’attesa e l’aspettativa sono deliziose e mi aiutano a sorridere e mi fanno dormire bene.
Sarà perché sto scrivendo, dopo tanto stand-by.
Sarà perché ti amo.
Ma sto bene e tanto basta.
Ora credo che andrò a fare qualche Missione Pappone in GTA. Scarica sempre le tensioni residue.
Ecco, meno male, così torno a spammare anch’io che un po’ mi mancava. Mi hai reso però il lavoro difficile mettendo insieme troppi argomenti su cui avrei da ridire, tanto per cambiare… cercherò di andare a braccio in ordine di importanza:
1. Fuga da Los Angeles non era affatto male, anche se… ti dico la verità … mi avevano detto che Jena Plissken era morto!
2. Sei una stronza, mi chiami a casa tua per portare in su e in giù mobili e quando iniziano i lavori divertenti – ovvero c’è da spaccare qualcosa – non mi inviti. Eppure sai bene che soffro di una perversione diffusa nella generazione cresciuta con il crollo del muro di Berlino, manifestando volontà distruttive sulle note dell’inno alla gioia.
3. Tanto per portare anche qua le polemiche che di solito facciamo di persona, e premesso che l’argomento avrebbe bisogno di un degno post a sé, come ti ho più volte ripetuto secondo me ti infogni un po’ troppo nel concetto di narrazione.
Ora giustifico il neologismo “infognarsi”: credo che parlare di narrazione sia per molti versi legato al dover ricorrere a mezzi di analisi vecchi per affrontare i nuovi media. A parte questo nodo cruciale, sul quale credo mai andremo d’accordo :P, mi sembrava che invece concordassimo almeno sul fatto che il moltiplicarsi di metodologie comunicative costringa ad un’ulteriore astrazione nel concetto di narrazione, in direzione dell’informazione pura e semplice adattata ai singoli contesti.
L’informazione e l’arte, l’informazione e i videogames, l’informazione e la pubblicità … in questo quadro voler vedere narrazione dovunque diventa una ricerca di una particolare sfumatura informativa in contesti insoliti, ma senza analizzare la questione alla radice. Come mai hai cambiato prospettiva nel tuo progetto?
Natan, mio caro, ci siamo già chiariti in discussioni chilometriche al telefono: hai clamorosamente sbagliato a leggere, ho scritto “Perché ho sempre sostenuto che non si possono applicare vecchi metodi di studio alle arti nuove. Ma è anche ora di capire perché.”
Poi che ci sia qualcosa da rettificare può anche essere. Sono un po’ per aria in questo periodo.
Ma ci siamo capiti? Io NON voglio applicare vecchi linguaggi di analisi ai nuovi media, ma capire che evoluzione c’è stata dai criteri di narrazione e organizzazione dei contenuti del passato a quelli del presente!