Perché colleziono orologi da tasca

Il Rosskopf
Io ho avuto un bisnonno.
Per la precisione ne ho avuti diversi, ma uno in particolare mi è sempre stato presentato come una specie di figura mitologica, a metà  tra la realtà  e la leggenda siciliana. Si chiamava Nonno Giovannino, aveva i capelli rossi che poi sono diventati bianchi ed è famoso, tra le altre cose, per la “bestemmia combo” più originle della famiglia.
[FLASHBACK: festa del paese, in Calabria. Sì, era siciliano, ma quella volta era in Calabria, e allora? Il Nonno Giovannino è seduto in piazza, insieme a familiari non ben precisati tra cui mia nonna e mia madre, e attende i fuochi di artificio. A un certo punto parte il primo botto. Il Nonno Giovannino si spaventa e lancia un mitico: “In te corna a Sammichele” (Nelle corna di San Michele). Che se ci pensate bene, è una doppia bestemmia: primo, presuppone che San Michele abbia le corna. Secondo, gli augurava di beccarsi il fuoco nelle corna, appunto. Fine del flashback]
Insomma, questo Nonno Giovannino aveva un orologio da tasca, un Rosskopf dell’inizio del secolo, che ha tenuto come i suoi occhi per tutta la vita. Quando era in Libia e doveva andare dall’Arabo a farselo riparare, lo portava e gli stava accanto per tutto il tempo (per via dei rubini: servono per regolare la precisione del meccanismo e voleva assicurarsi che non fossero sostituiti indebitamente). Quando è morto, l’orologio è passato a mia nonna (erano cinque fratelli in tutto, ma non ho mai capito perché questo onore è toccato a lei).
Anni fa, quando avevo dodici anni, la nonna mi ha preso da parte e, nel bel mezzo di una burrasca familiare, in cui zii e cugini recriminavano differenze di trattamento, mi ha piazzato in mano l’orologio e mi ha detto di custodirlo.
Mi sono sentita importante. Voglio dire, avevo dodici anni ed ero stata investita di un’importanza che nemmeno gli adulti più adulti avevano ricevuto. Era un onore. Anche perché quell’orologio lo volevano tutti. Forse è per questo che ho sempre voluto così bene alla nonna. Perché mi ha trattato come una “grande”, passandomi il testimone. A me, non ai suoi figli. Non a un altro nipote. A me.
E ho girato e rigirato quell’orologio tra le mani per ore. Per giorni. L’ho aperto con cautela, l’ho osservato. E mi sono innamorata di quelle rotelline minuscole, di quelle molle perfette, di quegli ingranaggi che tuttora non so distinguere. E il ticchettio… Come un cuore, come un battito.
Insomma, ho cominciato a collezionare orologi. Ho risparmiato un’estate intera per comprare un pezzo di latta con una locomotiva sopra. Ma da li in poi è stata tutta discesa.
Prima di morire, un anno esatto prima di morire, mio nonno mi ha regalato un’intera collezione di riproduzioni moderne di orologi antichi. Non valgono molto, economicamente. Ma quando me li ha regalati mi ha detto: “Se no cosa ti rimane di me, poi?”. Ovviamente ho pianto, ma questo lui non lo sa.
E poi ci sono stati mercatini di Natale, in cui ho trovato piccoli gioielli con le lancette d’argento, regali per l’operazione di appendicite, regali di compleanno. E la collezione è cresciuta.
E gli orologi che ho sono pieni di ricordi.
Ora anche mio padre li sta apprezzando. Ne compra diversi, me li fa vedere, tutto fiero.
Gli orologi segnano il tempo che fugge, di solito. Per me, invece, sono piccoli cofanetti di ricordi, che mi legano più al passato che al presente.
Tutte le ore che l’orologio del Nonno Giovannino ha segnato mi sono state regalate.
Ho tutte le ore di tutte le vite di tutte le persone.
Se non è un privilegio questo…

One thought on “Perché colleziono orologi da tasca

Leave a Reply

Your email address will not be published.