Quando ho impacchettato tutti i libri, per questo “trasloco lungo” a cui ci stiamo sottoponendo, ne ho lasciati fuori un po’, non tanti, ma i più significativi.
Uno è, ovviamente, Mrs Dalloway, di Virginia Woolf.
Ovviamente perché se no non sarei qui a scriverci un post sopra.
Ovviamente perché non passa giorno che non mi senta come Clarissa, per qualcosa almeno.
So sempre dov’è questo libro. Non che lo conosca così bene, poi. L’ho letto un paio di volte e ogni tanto lo apro per vedere dove capito, cosa c’è, chi c’è e cosa succede, come se fosse un mondo che esiste sempre, e io accedo, come un Dio, a un istante scelto a caso.
Ogni volta so che l’istante che scelgo sarà perfetto per me, che rispecchierà il mio stato d’animo, che mi farà allontanare da tutto, per poi tornare qui con un’altra consapevolezza.
Stasera è la volta di…
“Anything, any explosion, any horror was better than people wandering aimlessly, standing in a bunch at a corner like Ellie Henderson, not even caring to hold themselves upright.”
E poi, qualche pagina dopo…
“Death was defiance. Death was an attempt to communicate, people feeling the impossibility of reaching the centre which, mystically, evaded them: closeness drew apart; rapture faded; one was alone. There was an embrace in death.”
Non che mi senta particolarmente propensa al suicidio, in questo periodo, anzi. Sicuramente se dovessi descrivere la mia adolescenza ne parlerei come di un periodo di sopravvivenza casuale e inaspettata a me stessa e ai miei impulsi di auto-annullamento.
Ultimamente penso piuttosto alla vita, a quello che faccio, al segno che lascio (o, meglio, a quello che non lascio). Come se dovessi fare qualcosa che non sto facendo. Qualcosa che ho dimenticato, e che non so, e quindi vago, vago senza meta e senza scopo, e sto in un angolo, nella mia vita, senza nemmeno fare la fatica di far bella figura.
Penso sempre all’assenza come motore di tutto, di tutta me, intendo.
C’è sempre qualcosa che mi manca, qualcuno.
Spesso penso a cosa accomuna tutti i miei artisti preferiti. Il fatto che siano morti o irraggiungibili è il denominatore comune. Assenza di una comunità , assenza di uno scopo condiviso, assenza di un progetto artistico, assenza di coraggio, assenza di intraprendeza, ecco cosa sono.
Un’accozzaglia di assenze senza capo né coda.
La cosa veramente angosciante è che temo che non sono d’accordo con Clarissa Dalloway, non credo che la morte sia questo abbraccio accogliente dove ritrovare pienezza e accoglienza. Temo piuttosto che tutto ricominci da capo, finché non si imbocca la strada giusta, finché non si smette di andare a feste a cui si è invitati all’ultimo momento e non si sa come comportarsi.
Poche cose mi fanno paura, ed essere come Ellie Henderson è quella che mi terrorizza di più: fantasma di me stessa ancora in vita, comparsa nel film della mia esistenza.
Però sono così, non c’è niente da fare. Resto ai margini, guardo silenziosa e da sola, mi intrufolo dove posso, la gente mi fraintende,
mi scambia per quello che non sono, ma prima o poi tutto questo disagio torna a galla, prima o poi la mia vera natura spinge ed esce allo scoperto.
Assenza di originalità , assenza di propositività , anticonformismo a tutti i costi, anche quando non vorrei, anche quando vorrei essere allineata con le logiche dittatoriali e massificate che tando disprezzo.
E poi paranoia, insicurezza, alienazione, misantropia.
Come può un essere del genere essere consapevole di sé? E’ già tanto se mi ricordo di svegliarmi, la mattina, se riesco a trascinarmi per le cose che devo fare, con un entusiasmo che è perfino sincero, quasi incosciente.
Poi però mi ritrovo a una festa che pensavo fosse la mia e invece sono un’ospite imbucata, a disagio, muta, inutile.
Stranamente oggi tutto questo non mi opprime. Mi sembra un dono, qualcosa di cui andare fiera.
Domani non sarà così, lo so fin da ora, e mi maledirò e vorrò scomparire ancora.
E allora prenderò un altro libro e me ne andrò un po’ altrove, ancora, perché se qui non mi piace, esistono tanti mondi possibili che adoro, in cui sono sempre spettatrice ma in cui, a differenza di questo, riesco a sognare, anche senza dormire.
io amo THE HOURS, il film…ogni volta piango…ebbene sì piango per i film, e allora?
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