Giusto per riprendere il titolo: meglio tardi che mai.
Come si può pensare di fare qualunque cosa sull’anti-psichiatria quando non si è visto nemmeno questo film?
Sono le quattro di notte e mi appresto a vedere la seconda parte, perché non resisto, perché è irrinunciabile.
L’adolescenza, il viaggio, l’amore, l’abbandono, l’ideale e la realtà , la disumanità e l’anti-psichiatria, e mille altri temi che non posso, non posso non continuare a scoprire, ora, adesso, subito, perché per troppo tempo non ho guardato, perché per troppo tempo ho ignorato, anche se credevo di no.
Mi fa impressione notare come gli “illuminati” degli anni ’70 avessero capito tutto, come ci fosse nell’aria quella sensazione di sfacelo imminente che ci sta travolgendo oggi e come alcuni se ne accorgessero.
“Lasci questo paese. L’Italia è un paese da distruggere. Un posto bello e inutile, destinato a morire.”
“Cioè, secondo lei tra un poco ci sarà un’apocalisse?”
“E magari ci fosse. Almeno saremmo tutti costretti a ricostruire. Invece qui rimane tutto immobile, uguale, in mano ai dinosauri. Dia retta a me, vada via.”
“E lei, allora, professore, perché rimane?”
“Come perché? Mio caro, io sono uno dei dinosauri da distruggere.”
Che già uno fa fatica a prendere sonno, quando poi te lo dice un film, ci pensi davvero. Se te lo dicono tutte le persone che hai intorno e che ti stimano e che ti vogliono bene puoi far finta di non sentire. Ma quando te lo dice un film. E quando nel buio della sala senti che devi prendere il quaderno e devi prendere la penna e devi scrivere queste parole un po’ banali ma così reali, allora ti accorgi anche che devi agire, che questo immobilismo può travolgere tutto, ma non deve travolgere anche te, che devi scappare, con la mente e col corpo, se puoi.
Che poi sono anni che scappi, anni che non stai ferma, anni che vaghi alla ricerca di qualunque cosa che non sia quello che hai già .
Da una parte mi sento confortata. Quando qualcun altro parla e dice quello che pensi anche tu, beh, allora ti rendi conto che non hai proprio sbagliato strada, che non stai sbagliando tutto.
Da una parte mi sento fuori tempo. Come sempre. E’ per questo che parlo veloce, che dormo poco e che fumo in fretta. Sono in ritardo, su qualunque cosa, quasi sempre. E anche stavolta. O forse no, forse devo smetterla di vederla come una “gara” e cominciare a dire quello che ho da dire. E stavolta sì, stavolta non mi lascio scappare l’ennesima idea.
L’anti-psichiatria, chi l’avrebbe detto che proprio mentre io stavo cercando di partorire, invano, Malinconie Urbane, qualcuno, nello stesso istante, nelle stesse notti, stava girando un film che parlava della stessa cosa. Un film in cui il protagonista dice:
“E’ il mio maestro, Franco Basaglia.”
“Quello che vuole liberare tutti i matti.”
“Lui c’ha questa strana idea che i malati non siano dei detenuti, ma delle persone. Che la malattia mentale non sia una colpa da espiare. Bizzarro, no?”
E non mi consola sapere che Marco Tullio Giordana ha 56 anni, non mi consola pensare che a vent’anni posso aver avuto un’intuizione che ha avuto anche uno di cinquanta. Non mi consola nulla, in questo momento, ma sento sento la responsabilità delle mie (non) azioni, sento quantomeno la consapevolezza.
Quindi ora basta.
Come mi ha detto lo Zio Angelo, devo “trovare la leva che sta alla base del meccanismo. Inventa un’interferenza semplice ma costante, che condizioni tutto dalle fondamenta.
E avrai il tuo sistema.
Il tuo mondo.”
Ok, io vado. Poi vi faccio sapere. Il vostro numero ce l’ho. Vi chiamo io.