Visto che io non ho avuto il privilegio di desiderare di salvare i bimbi dell’Africa, mi ritrovo nello stesso posto in cui sono cresciuta, con tante cose da fare ma anche con una strana sensazione di inadeguatezza. La solita, in effetti, ma non voglio parlare di questo.
A che punto sono arrivata? Perché mi sento in dovere di tirare delle somme, oggi, 30 giugno, metà inesatta del mio ventottesimo anno di vita?
Mi sento un passo indietro, un passo indietro a dove dovrei essere, sempre. Anche oggi, in effetti.
Però sono innamorata, ancora, ho due bei lavori che mi riempiono le giornate e le notti, ho una casa gialle blu in cui crescono tutte le piante che voglio, ho pile di libri ammonticchiate ovunque e passo il mio tempo libero lontana dai centri commerciali e immersa in progetti e idee con persone che mi piacciono.
Forse invece che liquidare così brevemente la lista dei miei achievement, dei miei successi, delle mie vittorie di Pirro, dovrei soffermarmi di più, narcisisticamente, a contemplare quello che una quasi ventottenne ha raggiunto col sudore della propria fronte, trovandosi nel posto giusto al momento giusto e facendo leva sul fatto che sembra molto più acuta e intelligente di quanto in realtà non sia.
Io non tremo. E’ solo un po’ di me che se ne va.
Non è tutto così negativo, Valentina.
Stai male perché ti piace così, Vale.
Non c’è niente che non va nella tua vita.
Ho un Moleskine pieno di queste frasi, nonché un’infinita cronologia di conversazioni su Messenger e conversazioni live o al telefono, lettere scritte sui treni piene di buone intenzioni, consolazioni, amici arrabbiati che non ce la fanno più e mia madre che vuole che mi compri un vestito per un matrimonio.
E’ tutto così perfetto.
Schifosamente perfetto.
Perché non è nemmeno perfetto, è come gli oggetti sparsi alla rinfusa sui tavoli delle case delle riviste di arredamento: fanno così vita vissuta, ma sono la cosa più finta di tutte. Io sono un oggetto sparso alla rinfusa. Sono l’eccezione all’istanza d’ordine che rende tutto più ordinato. Sono l’elemento nella casella che sborda un po’, quel poco che basta a farlo apparire ribelle ma che non disturba la composizione.
E cancello il tuo nome dalla mia facciata.
E confondo i miei alibi e le tue ragioni.
I miei alibi e le tue ragioni.
Vai vai. No ma vai pure ad aiutare i negri dell’Africa, tanto qui stiamo bene. Abbiamo i cellulari. Abbiamo la benzina a un euro e sessanta. Abbiamo Sky. Ancora i tuoi quattro assi, bada bene di un colore solo, li puoi nascondere o giocare come vuoi. Il resto è fumo, perché eravamo amici, una volta, eravamo amici per la pelle, e poi sei partito, e ora cosa succede? Cosa? Che noi restiamo qui a cercare di auto-determinarci, a fare Dio mentre tu lo insegni a gente semplice, che parla solo la sua lingua e non le nostre, è tutto quel che ho di te ora, tanta rabbia e una casa vuota.
E dei pezzi di vetro. Con due anime. Una luna. Dei fuochi alle spalle. Un angolo retto e una stella.
Bello vero? Romantico? Un altro degli ultimi eroi romantici che abbiamo. Ti sposi,e poi te ne vai. Ma come fai, come hai fatto a lasciarci qui, dovevamo farlo insieme o no? Dovevamo cambiarlo insieme questo mondo, invece no, ognuno per sé, e cerchiamo di tirare i remi in barca che, signora mia, non si sa più come vestirsi.
Ferirsi è possibile, morire anche, e sicuramente da soli non siamo più al sicuro. Ma è questo che mi rode, è questo che mi fa male e che mi fa odiare le tue scelte stupide e il tuo egoismo che non so avere, che alla fine invidio. Partire e andare dove? A costruire qualcosa che vedremo? A piangere e ridere di qualcosa che possiamo toccare?
E’ questo il punto: odio i miei desideri, perché non sono facili come i tuoi.
Non sono nobili, lastricati di buone intenzioni e tangibili come i tuoi.
Quindi è qualcosa qua dentro, è qualcosa che malfunziona qui, perché è come ordinare sempre il cibo sbagliato quando vai al ristorante, è essere sempre scontenti di quello che si ha, è la solitudine di fare scelte che gli altri non capiscono. Ancora peggio, è la solitudine di fare scelte difficili che agli altri sembrano scontate. Facili. Insignificanti.
Hanno ammazzato Pablo. Pablo è vivo.
Evaporata in una nuvola rossa, in una delle molte feritoie della notte, è così che mi sento.
Ma stanotte non dormo, finalmente non dormo, anche se sono più stanca di voi, sono molto più stanca di voi.
E’ questo che mi amareggia, che nonostante tutto io ci credevo.
Invece mi ritrovo all’ennesima partenza, a guardare il cielo dallo stesso posto, fiduciosa che cambierò il mondo, sì, lo farò. Ma non con voi, non con te.
E il mio cielo resta lo stesso
Fra macchie di tempo trascorso.
Andate, voi, io ho il mio impero
di macerie
a cui badare.
se me lo dicevi che bastava così poco, mi auto invitavo prima a casa tua!
minchia vale..
non cambi mai.
non riesco nemmeno a dirti qualcosa.
tu un giorno mi dicesti che io
non avevo spessore.
almeno mi hai fatta cambiare.
io ora non so cosa dire a te.
dico solo che al di lÃ
delle scelte di una persona,
rimane l’umanità che ci accomuna.
e il bene che ci vogliamo
o che ci siamo voluti.
e dio nulla c’entra con questo.
è umano.
e non pensare ch’io sia buonista,
ti faccio un culo così!
De Gregori, mi piace.
A tratti però questo tuo scrivere ricorda più Guccini, e le sue malinconie, e le sue serate, e quel frusciare della parola esatta al momento esatto…
un sorriso
perchè nessuno coglie l’ironia?
mi piace come scrivi. te l’ho detto un milione di volte. te lo ripeto, è vero. mi hai accusato di buonismo qualche anno fa. avevo scritto una risposta per te che non ti ho mai dato non so perchè, era più uno sfogo. io penso che tu abbia una profondità di cui ti rendi conto ma che non vuoi evidenziare più di tanto. sì, l’ironia la vedo. anche quella. nelle tue parole risalta tutto. non hai mai legato con me. non so perchè. ma non ti nascondo, me lo sono chiesta spesso. sono buonista? cosa vuol dire esattamente per te? perchè non l’ho capito bene. forse non m’importa. so solo che il tempo passa. la felicità è a tratti. il dolore più costante. ogni tanto vorrei essere una di quelle persone che a piangere proprio non ci riescono. ciao,e.
…io pensavo di essere in crisi da un pò di anni ma quasi quasi mi devo ricredere…
Comunque bello scritto.
un tuo “non” parente
Mmm, questo post è stato il post più polemico in assoluto (dopo quello dei Raccorti Pisani del 2005) da quando ho aperto il Blog.
Magari non ci crederete, magari sarete VOI a tacciare ME di buonismo, ma mi fa piacere il dialogo, sia quello che si è sviluppato qui che quello che abbiamo portato avanti nella vita reale, alla luce delle candele del mio terrazzo.
Mi dispiace per chi non vuole più parlare, ognuno ha le sue ragioni, ed è giusto rispettarle. Solo vorrei che si capisse, a volte, che le parole non sono la realtà , che quello che si scrive è necessariamente infarcito di emozione, immaginazione ed esagerazione.
Emy, prima o poi ti scrivo, e non è una promessa di circostanza. Nonostante la nostra grande diversità , ho sempre apprezzato il tuo affrontare di petto (come me, probabilmente) le situazioni, mettendoti in gioco a costo di scoprirti di fronte agli altri. E’ confortante vedere che c’è chi non rinuncia e si dedica,e comunica, e condivide. Non smettiamo mai, a costo di scannarci!
Scusa, mi intrometto. Lo so, non dovrei, non ci conosciamo e probabilmente non dovrei ma, visto il periodo, un “pò lungo” che sto vivendo, faccio la faccia di palta e mi infilo. Solo per la penultima parte del commento.
Per le parole che scrivi. Non sempre le parole non sono realtà . Dipende da quale ragione ti ha spinto a scriverle e a chi o a cosa tale parole sono indirizzate. Le emozioni che imprimiamo in uno scritto, talvolta, sono la parte più vera e sincera del nostro essere e pertanto più veritiere delle maschere che indossiamo quotidianamente. Si può fingere di non crederci alle volte ma, a meno che uno non stia scrivendo un romanzo, la realtà che ci portiamo dentro esce nello scritto.
Scusa l’intromissione. Giuro che non lo faccio più.
Cristiano Paggiarin (non credo che siamo parenti).
Ciao
no, il cugino segreto!!!