Il resto della mia vita

Avevo iniziato un altro post, la vigilia di Natale, per cercare di spiegare e spiegarmi cosa stava succedendo. Il fatto è che invece non ce la facevo a scrivere, anche perché sono diversi anni che ho smesso di scrivere solo perché devo sfogarmi e che ho cominciato a farlo per esprimermi (o, per lo meno, ci provo).

Allora, cos’è successo? Che nel 2009 si sono chiuse tante delle cose che avevo aperto nel corso della mia vita.

Il 29 ottobre ho discusso la tesi di dottorato, ad esempio. Un’esperienza entusiasmante, ricca, divertente anche, che dopo un percorso difficile mi ha ricordato quanto mi piace raccontare, parlare delle mie idee, confrontarmi e avere di fronte persone che si sono sinceramente interessate al mio lavoro e che mi muovono anche critiche acute e pertinenti. Sono entrata terrorizzata e sono uscita con un senso di completezza, con l’impressione di aver chiuso in modo completo un percorso travagliato, ma che mi ha formata e arricchita, in tanti sensi.

il 27 settembre abbiamo rilasciato pubblicato online e gratuitamente Metal Gear Solid: Philanthropy. Dopo una gestazione di tre anni e un parto di qualche settimana, Giacomo e Hive Division (tra cui la sottoscritta) hanno regalato alla Rete il frutto di tre anni di lavoro, fatiche, divertimento, preoccupazioni, difficoltà , problemi risolti, amicizie, spirito di squadra, risate, sogni. Il film è online ormai da quattro mesi, abbiamo ricevuto migliaia di e-mail centinaia di migliaia di visualizzazioni e contatti, tanti feedback, tanti riscontri. La prima assoluta, quella a Milano, è stata una delle esperienze più emozionanti che abbiamo vissuto: pubblico caldo, partecipe, entusiasta, divertito, problemi tecnici che creano suspense, risate e applausi sinceri, emozione tangibile – e non solo nostra.
Per essere la prima assoluta di un film di Hive Division, è stato un successo. E la Rete ci ha poi dato ragione, visto che a distanza di mesi dal lancio continuiamo a ricevere mille mila mail di persone che ci ringraziano e che sono entusiaste di quello che hanno visto. E pensare che per noi ormai è “vecchio” e che vogliamo passare oltre e fare di meglio. Manciate di Karma positivo, proprio!

A dicembre è finita la mia collaborazione con Ubisoft. Due progetti e mezzo, più di due anni e mezzo, ho imparato tanto, fino all’ultimo, e non nego che all’inizio un po’ mi è mancato, andare in ufficio tre giorni alla settimana, vedere i colleghi, e tutto quanto. All’inizio pensavo sarebbe stato un problema. Poi invece, lentamente, nel giro di un mese mi sono accorta che negli ultimi cinque anni avevo ammonticchiato tantissimi sogni dentro il mio secondo cassetto e che non avevo quasi avuto più nemmeno il tempo di aprirlo e ricordare che fossero lì. E allora adesso ho rovesciato tutto il contenuto sul pavimento della mia stanza e piano piano sto portando avanti progetti, idee, sogni, intuizioni che ho avuto tempo fa, che abbiamo avuto tempo fa, e che se ne sono stati troppo a lungo rintanati in un buco.
Tanto più che ora sta arrivando la primavera, e io mi carico di energie e torna il sole e il ghiaccio si scioglie e tutto diventa più sensato, colorato, caldo e vitale.

Ci siamo ammalati quattro volte, tra influenze, raffreddori, depressioni passeggere. Mi sono accorta però che “stare in letargo” serve. Serve un sacco. Soprattutto quando tutto sembra andare male, ti devi fermare. Stop. Volente o nolente (e in questo il corpo è estremamente saggio a dettarti i suoi limiti e a decidere in vece della tua mente, a volte).
Ci siamo ammalati quattro volte e quattro volte siamo guariti. E l’ultima volta è stata quella buona. Mentre mi rigiravo nel letto in preda al raffreddore, pensando che tutto stava andando storto, ho capito che invece non c’era niente di storto. Che tutto era dritto e con una piccola spinta potrà  essere ancora più dritto di così. Ah, gli stati mentali. Sono veramente tutto.
Ad esempio, ho ricominciato a chiedermi cosa mi piace veramente. Con chi voglio passare il mio tempo. Quali sono quelle attività  piccole, stupide, insignificanti che ho sempre trascurato e che invece ho il sospetto che mi farebbero sentire meglio.
Cucinare, ad esempio. Mi diverte sempre molto, mi piace sperimentare, mi diverto a farlo in compagnia e ho trovato un’ottima alleata nella Roby, che ogni tanto viene a casa nostra e mi aiuta a impastare, trafilare, spezzettare, cuocere, assaggiare, modificare, aggiungere, togliere. E infine mangiare, ovviamente.
Oppure leggere. Mi sono divorata “From Hell” e “Maus”, dopo aver finito il ciclo delle Fondazioni di Asimov e aver iniziato quello dei Robot. Guardare serial, che sono mille volte meglio di tanti, tanti film. E allora dottor House, Fringe, Prison Break, Lost, Alias, Dexter.
O progettare il viaggio di quest’estate in Europa.
Pensare a Europa.
Aspettare con ansia l’ultima stagione di Lost, tra gente che mi dice “A me ormai non piace più” e persone che stanno per vendere la primogenitura pur di vedere l’episodio il prima possibile.
Passione. E’ questa parola che stava uscendo dal mio vocabolario, soppiantata dalla più ragionevole Responsabilità .
Ma quanto è utile la Responsabilità  a una persona che sente un impellente e costante bisogno di emozionare ed emozionarsi? Ho bisogno di condividere, ho bisogno di ridere e piangere e non perché “il lavoro va male” ma perché “non riesco a scrivere come vorrei” o perché “mi è venuta un’idea bellissima”. Non sono un’ambasciatrice ONU. Sono una buona lavoratrice, sono una persona affidabile, sono precisa, sono puntuale. Ma questa è solo la punta dell’iceberg.
Giacomo mi ripete sempre che non vuole vedermi stirare, che mi devo mettere a scrivere. Che il cibo che cucino è sempre buono. Che l’unica misura del mio fallimento o del mio successo SONO IO. Che devo smetterla di sentirmi giudicata da tutto e da tutti, perché nella migliore delle ipotesi le persone mi vogliono bene, nella peggiore sono loro indifferente.
Ed è vero, è tutto vero. E’ un mese che cerco di scrivere qualcosa, qui su AlchemicoBlu, e non ci riuscivo. Ero sempre interrotta, oppure non volevo che fosse l’ennesima lamentela a trapelare. Volevo essere positiva, parlare del futuro che mi aspetta, della grande paura che ho perché a volte mi sembra che mi manchi il terreno sotto i piedi, ma del fatto che poi mi rendo conto che non sono sospesa nel vuoto, bensì sto volando, e non sono da sola, e se mi lascio andare è bellissimo.

E le fotografie. Le fotografie sono un chiaro segnale di quanto sono felice o di quanto mi sto perdendo. Quando ne scatto a centinaia – anche brutte, anche insoddisfacenti – vuol dire che “ci sono”, che ho voglia di guardare, che ho voglia di ricordare. Quando invece non ne scatto, quando porto la macchina fotografica in giro ma la lascio ad ammuffire nella custodia, allora c’è qualcosa che non va, è che non voglio ricordare, o forse addirittura non voglio nemmeno guardare, e non sono lì.
Invece, da adesso, torno a essere qui. Aspettatevi una mia telefonata. Una proposta per una cena. Abbiate pazienza quando vi fotograferò come una giapponese impazzita in gita. Ho voglia di rivedervi. Ho voglia di stare insieme. Ho voglia di fare tante cose, e finalmente ho il tempo e lo spirito giusto per farle.

5 thoughts on “Il resto della mia vita

  1. ZAaac, sono la prima, tiè.
    E forse resterò anche l’ultima, capra.
    Cmq volevo principalmente dire: ALLELUJIA!
    (con sottofondo di aaeeeiiioouu)

    A proposito di foto, quando avrò la grazia di vedere quelle delle jappo-cena? non so, ormai è pasqua e ne sono passati di sformatini sotto i ponti…

  2. Ah giusto, le foto della cena giappo arriveranno molto prontamente, qui e su Flickr!

    Capra. E tu, il tuo blog l’hai sepolto, alla fine?

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