Abbiamo passato il pomeriggio aspettando con ansia il blockbuster di Dante Lam, “Operation Red Sea”, caricandoci di aspettative. Mai mi sarei aspettata (ma forse avrei dovuto) di assistere a uno spot dell’Esercito Cinese lungo più di due ore! Il film, realizzato con ben 70 milioni di dollari di budget, è un’accozzaglia di scene d’azione non sempre leggibilissime in cui “Soldati della marina Cinesi=Buoni”. Punto. Non ci si sofferma molto sui “cattivi”, non ci si sofferma molto su cui va salvato e perché: se sei un cittadino cinese, la marina sacrificherà tutte le sue risorse e i suoi uomini per portarti via, che tu sia l’ambasciatore (e ci sta) o una tizia che non si è ben capito chi fosse (forse sua moglie).
Picco estetico del film: il momento in cui compare il titolo di testa, un’enorme scritta rossa in 3D che emerge dall
e acque del mare, in modo quasi diegetico, lasciando gli spettatori con un “WTF” sospeso a mezz’aria.
Questo tipo di film, al Far East, mi provoca ilarità nei primi 15 minuti, poi irrequietezza. Mi muovo sulla poltrona, non riesco a tenere ferme le gambe e per qualche strano sortilegio non mi decido MAI a uscire dalla sala. Lo trovo una mancanza di rispetto! La prossima volta, però, in sala non ci entrerò nemmeno per vedere il buon vecchio Dante: con te ho chiuso, amico, piuttosto vado al Visionario!
(Peraltro, Dante si consolerà della mia assenza, visto che il film ha fatto incassi multi-milionari in tutto il mondo!)
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perché non sopporto
gli spot su
“quanto è bella e brava la Cina”