A parte che forse ho l’influenza.
Ho appena cercato di farmi una spermuta d’arancia con lo spremiagrumi elettrico. Voglio dire, uno si fa la spremuta quando magari non sta tanto bene e vuole un po’ di vitamina C. Magari uno è debole, non ce la fa tanto a stare in piedi. Non ha molte forze. Beh, da tre arance ho tratto mezzo sfigato bicchiere di succo. Una tristezza. E sì che mi pesavo con tutto il mio corpo su quel maledetto anrese della Girmi, vinto a qualche pesca di beneficenza ormai almeno dieci anni fa. Forse è il caso di cambiarlo.
Insomma, ora che sono semi-malata, mi sono sentita in colpa per averti trascurato per troppo tempo. Nessuna notizia di me, senza sapere dove sono, cosa faccio, come sto.
E’ che ho anche finito la tesi, quindi non posso più dire “Dovevo scrivere la tesi”. E’ stampata e rilegata, nera con le lettere d’argento. Sembra un libro di magia.
E invece no.
Ho gli occhi neri, stasera. Mi guardo allo specchio e non vedo il mio solito marrone strano, vedo una pupilla dilatata a dismisura. E vedo lampi fuori dalla finestra e sento il vento. Che poi, io, fino a poco tempo fa, pensavo esistessero gli occhi neri. Cioè, pensavo che la gente potesse avere gli occhi spesso marroni, a volte verdi, meno volte azzurri e pochissimissime volte neri. Invece gli occhi neri non esistono. Eppure sono così belli. Tutti neri, che non sai cosa stanno guardando. Forse mi confondo con l’universo di Nathan Never, in cui i mutati hanno gli occhi senza pupulle (o meglio, le pupille senza colore intorno, tutte nere).
Ho fatto anche dei sogni strani, gente che mi guardava dalle finestre, colori sgargianti, gocce d’acqua che cadevano piano, piano, con un rumore preciso e inequivocabile.
Ho fatto anche dei sogni a occhi aperti, ogni volta che vado in auto, ultimamente, vedo una delle mie vite alternative, altrove, con altra gente intorno, che nemmeno conosco, con interessi diversi, con tutte cose che no, quella non sono io. Cioè, sono io, ma non questa.
Mi piace il delirio febbricitante, mi piacerà anche rileggerlo da cosciente.
E’ che a volte ho bisogno di staccarmi, capisci? A volte ho bisogno di far finta di vivere in un altrove verosimile. La mia mente mi aiuta e mi salva ogni volta dall’univocità di questa attuale esistenza. Questo va contro tutti i principi di meditazione che ho finora conosciuto. Non dovrei partire astraendomi da me, ma dovrei concentrarmi su me stessa e conoscermi e accettarmi e poi, da dentro, spaziare, allontanarmi, evadere e vivere tutti i parallelismi che voglio. Ma per me è più facile così. E’ più facile dimenticare di essere qui e ora e trovarmi in uno dei miei altrove.
Un giorno la smetterò.
Ma non oggi.