Amore.
Si aspetta tutta la vita. Si spera tutta la vita.
Poi ti trovi a King’s Cross, su un treno diretto a nord, con una città viva e meravigliosa alle spalle, tanta campagna davanti, un computer tra le mani, nuovi amici e nuovi ricordi da conservare.
Dopo tanto tempo, dopo anni, è tornata quella sensazione di perfezione, di equilibrio precario e temporaneo, eppure tanto confortante e accogliente, che non provavo da anni, ormai.
Ho voglia di scrivere, ho voglia di lasciare il segno.
Oggi sono stata di mattina presto al British Museum. Proprio all’ingresso della sezione egizia c’è la stele di Rosetta. Un’enorme pietra nera come la notte con piccole stelle di lettere e geroglifici che la costellano. E m sono commossa. Mi sono commossa davanti a qualcosa che avevo già visto anni fa e di cui non avevo colto veramente il significato. La base di tutto. L’origine della cultura. La parola scritta.
La parola, capisci? Quello a cui sono più legata da sempre, quello che è lo scopo della mia vita, trovare le parole nuove per descrivere l’emozione, trovare le parole per lasciare il segno.
E lì c’era la stele, zitta, immobile, nera come lo sguardo che getto nel mio cuore e nel mio cervello ogni tanto. E le parole. Le parole, l’unica dote e ricchezza che possiedo, l’unica ragione, l’unica speranza.
Il segno, ecco cosa. Lasciare il segno. E quelli sono segni. Stelle di parole nella notte dell’oblio.
I brividi.
Piango anche ora, mentre ci ripenso, mentre mi rendo conto, perché mi è stata data in dono la consapevolezza, perché ho avuto quello che ho sempre letto nei libri: l’Epifania, la rivelazione, l’illuminazione. Perché non dura per sempre, ma per un singolo istante, questo insignificante istante di attesa, io so, io sono consapevole, io sono io, dentro di me e tutto intorno a me, qui e con te, adesso e nel passato ma soprattutto, finalmente, nel futuro.
Oggi è un giorno importante: mi sento davvero tornata. Sai come nelle culture animiste? Ecco, questo è il momento, questo è l’istante. Questa è la sensazione che torna a farti sentire viva.
Che strano, un normale 2 luglio 2006 diventa il giorno della svolta.
Della partenza.
Come quella che sto vivendo su questo treno inglese diretto verso nord.
Come quella che vivrò nella mia vita per un po’ di tempo, adesso.
Piango, e ho il cuore caldo.
Piango, e la felicità mi cade addosso sotto forma di gocce di pioggia nuova, che mi lavano via il dolore, il rancore, il rimpianto.
Tutto è nuovo, adesso. Tutto ricomincia.
E io mi sono ritrovata.
“…and how he kissed me under the Moorish wall and I thought well as well him as another and then I asked him with my eyes to ask again yes and then he asked me would I yes to say yes my mountain flower and first I put my arms around him yes and drew him down to me so he could feel my breasts all perfume yes and his heart was going like mad and yes I said yes I will Yes.”