Senso

Mia nonna lo faceva sempre. Prendeva un pollo dal cortile, con tutta la noncuranza del mondo, gli torceva il collo di scatto, poi lo portava in cucina e lo spennava. Ma, a mani nude, le piume piàƒ¹ piccole non venivano via. Cosàƒ¬ accendeva la fiamma del fornello e vi passava sopra la carogna per eliminare ogni escrescenza pilifera e piumifera. Io e mio fratello sentivamo lࢀ™odore dalla nostra stanza ed accorrevamo per assistere a quellࢀ™implicito rito satanico. Alla fine di tutta la ࢀœcerimoniaࢀ? uscivamo a passeggiare. Mi piaceva sentire lࢀ™aria fresca dentro, soprattutto dopo quellࢀ™odore di pollo bruciacchiato.
Allora.
(Spazio)
(Tempo)
Oggi.
Sempre a proposito di volatili.
Cammino, e mentre cammino noto che i piccioni (ed i piumati in genere) sono sporchi. Li ho sempre considerati entitàƒ  semi-metafisiche, che affollano le piazze di tutto il mondo e lasciano, ogni tanto, cadere deiezioni corrosive. Forse perchàƒ© volano e hanno le ossa cave. Non so perchàƒ©, ma una cosa leggera mi ࢀœsuonaࢀ? automaticamente anche come incontaminata. Mi viene in mente quella volta che sono passato davanti al deposito di Limousine e qualcuno aveva liberato, sul palazzo accanto, centinaia di piccioni e questi avevano ammorbato con le loro defecazioni tutto quello che stava sotto il loro volo, Limousine comprese e soprattutto.
Allora cammino.

Io non credo in Dio. Ho la disumana convinzione che tutto il contorno sia solo frutto di una mia interpretazione. Se non esistessi io, non esisterebbe neppure quello che vedo. Se non ci fossi io, non ci sarebbe quello che percepisco, se io non vedessi queste parole esse allora non esisterebbero. Se io non pensassi a Dio allora egli non ci sarebbe. E io come esisto?
Something ergo sum.
Ricomincio a camminare e provo la stessa sensazione di quando mi sdraio sul letto, aspetto, le coperte mi avvolgono come le pareti di una bara, il sonno mi pesa addosso come una minaccia, non posso, non ora, le mie idee, cogito, coito, cogitatio, conditio sine qua non, cosa posso fare per non farmi abbracciare da Morfeo? Le mie elucubrazioni sono troppo affannose, mi si affollano pensieri alla bocca come se fossero conati di vomito, devono uscire, devo vomitarli addosso a qualcuno.
Io stesso sono infastidito dai miei pensieri sconnessi.

Il problema fondamentale della mia generazione àƒ¨ stato lࢀ™omicidio pre-temporale. Qualcun altro ha ucciso tutto quello che doveva venire, semplicemente inventandolo prima del tempo.
Da piccolo, avràƒ² avuto 15 anni, la mia vita rotolava giàƒ  intorno alla parola, allࢀ™espressione, alla comunicazione, allࢀ™essenza, alla coesione immagine-concetto, allࢀ™idea recondita ed utopica di unࢀ™opera dࢀ™arte vivente. Piàƒ¹ del tatuaggio, piàƒ¹ della pettinatura, piàƒ¹ di un vestito indossato da qualche figlia di senatore anoressica che spera di diventare una ࢀœprostitutaࢀ? plurimilardaria.
Sognavo parole sul corpo. Non scritte, Incise. Sognavo la manifestazione completa, la convivenza tra messaggio e vita, sognavo lࢀ™essere-parola. A 15 anni.
Solo due anni dopo hanno ucciso il mio sogno.
ࢀœI racconti dal cuscinoࢀ?. Un titolo inutile ed idiota per un film. Inutile ed idiota. Un certo Peter Greenway gira un film indegno anche di essere considerato tale, in cui (recensione) ࢀœuna giovane giapponese, che cerca un amante in grado di comporre ideogrammi direttamente sul suo corpoࢀ¦à¢€?
Come scusa? La mia idea. La mia idea. Non ideogrammi peràƒ², io sono nato in occidente e nessuno mi ha insegnato altro che la scrittura alfabetica. Solo una modesta e deprimente scrittura alfabetica. Neanche quella cinematografica. Bene. A quindici anni scopro che il sogno della mia vita lࢀ™ha giàƒ  realizzato qualcun altro. Eࢀ™ giusto cosàƒ¬. Continueràƒ² in silenzio a guardare i miei cartoni giapponesi su Cyborg, Arti Marziali e Post-umanesimo. Fine (Uno).

Allora cosa faccio? Primo sogno infranto.
Dannate avanguardie degli anni sessanta, scommetto che il motivo per cui non trovo la marijuana adesso àƒ¨ che ve la siete fumata tutta voi. Coca? No grazie, il mio neurone solitario non puàƒ² permettersi di perdere anche lࢀ™ultimo paio di occhiali.

Cammino.
Ma cammino nel senso di ࢀœio cammino, tu camminiࢀ?
oppure cammino nel senso di ࢀœil cammino degli uomini volenterosiࢀ?
oppure errore ortografico per camino?
(Gioco di parole intraducibile. Forse in qualche altra lingua romanza. Ma in inglese sicuramente no)
Allora, supponiamo e accettiamo che sia la prima ipotesi, cioàƒ¨ ࢀœio camminoࢀ?.

Cammino. Ogni cosa che vedo mi manda impulsi. Mi rendo conto che ogni impulso àƒ¨ legato non solo allo spazio, ma anche al tempo. Una pozzanghera con della benzina che osservo mentre vado al Metropolitan Museum e ho sette anni.
No, quello non ero decisamente io.
Un cancello che àƒ¨ stato marrone per tutta la mia infanzia e ora àƒ¨ verde.
Un profumo che àƒ¨ esistito per un solo giorno, per una sola ora davanti ad una finestra in una via e che io continueràƒ² a sentire per sempre nelle mie narici anche se non esiste piàƒ¹, realmente.
Sensazioni.
Interazione tra occhio e orecchio e naso, tra occhio e occhio, tra occhio della parola e occhio dellࢀ™immagine. Tutto quello che vediamo non àƒ¨ davanti a noi, àƒ¨ esattamente in nessun luogo. Tutto quello che annusiamo non esiste ed esiste sempre e per sempre nelle nostre sinapsi. Aberrazione e mescolanza continua di un solo istante, ecco cosa siamo. Somma di attimi che ci precedono, ci vivono, ci seguono, e nessuno ci ha dato gli strumenti per reinterpretare quello che i nostri sensi ci dicono.
Spazio-tempo.
Non siamo capaci di dimostrare la consequenzialitàƒ  oggettiva della nostra vita.
Causa-effetto.
Prima-dopo.
Queste astrazioni esistono solo per noi. Ma come possiamo essere sicuri che, in quanto oggettivitàƒ , quello che viviamo non sia solo un prodotto sparso e rielaborato della nostra mente?
Perchàƒ© nessuno si accorge della miriade di incongruenze che intasano il nostro perfetto meccanismo oggi-domani?
Allora mi chiedo, mi domando, I ask myself, perchàƒ© il nostro corpo?
Perchàƒ© proprio un corpo e non qualcosࢀ™altro per contenere tutto questo? Perchàƒ© un corpo e non, che so, un albero? Perchàƒ© il mio corpo per contenere me stesso? E con un corpo altrui sarei sempre il mio simpatico sistema sinaptico? Il mio insieme causa effetto prima dopo? Oppure anche quello àƒ¨ uno sviluppo fittizio e arbitrario di un insieme chimico fisico neurologico?

Non importa, questo non àƒ¨ fondamentale nellࢀ™economia di quello che sto facendo, cioàƒ¨ camminare.
Posso camminare anche senza pensare. Camminare, dopo un poࢀ™, àƒ¨ come il respiro, àƒ¨ come il battito del cuore. Automatismo. I muscoli delle gambe da volontari diventano involontari e vanno avanti, e se i tuoi occhi non comunicassero al tuo cervello gli ostacoli, ci si finirebbe sempre contro. Camminare diventa come sopravvivere, come respirare. Non ci avevo mai pensato.
Cosa fai per vivere? Io lࢀ™avvocato.
Io costruisco case.
Io insegno matematica, àƒ¨ frustrante a volte, perchàƒ© non sempre riesco a coinvolgere attivamente i ragazzi, a partecipare, aࢀ¦
Non mi interessa.
Io respiro.

Tutto questo assume sempre piàƒ¹ un senso mancato. Siamo usciti per comprare un accendino. Solo un accendino. Sàƒ¬, siamo, perchàƒ© ci sono io, ma ci sei anche tu, sei uscito o uscita con me, sàƒ¬, e ora ci sei, non puoi staccarti, so che lࢀ™accendino serve anche a te, almeno una volta nella tua vita avrai pensato ࢀœmi serve un accendinoࢀ? e se non un accendino allora un fiammifero. Un Prospero.
Non fumo. Limitato. Limitata. Non perchàƒ© non fumi. Perchàƒ©

come accendi il gas?
come accendi il fuoco per i tuoi barbecue?
come accendi gli zampironi per scacciare le zanzare dal tuo barbecue e dai tuoi amici?
e ai concerti, quando fanno le canzoni lente?
e le candele, nella solitudine silenziosa della tua camera al quattordicesimo piano del tuo palazzo?

Sono sicuro che conosci la risposta, non voglio offendere la tua intelligenza aggiungendo altro. Ci pensi giàƒ  autonomamente a farlo.
In questo caso lࢀ™accendino a te serve per scoprire cosa ne devo fare io. Se non lo compri tu, non lo compro neanche io, e non saprai mai il mio segreto.

Le cose cambiano, cambiano.
Vorrei ricordare a chi legge che qualcuno ha assassinato il mio sogno. Incisioni non comuni, tutto qui.
Bene.
Capita.
Eࢀ™ una questione di consequenzialitàƒ  temporale. Prima tu, poi io, nessuno ha colpa.
Ma questo a volte non si capisce.

(Allora la consequenzialitàƒ  esiste? Oggettivamente?)

Mi puzzano terribilmente le mani. Eࢀ™ insopportabile. Quando non àƒ¨ nella pozzanghera dàƒ  decisamente fastidio. Vista. Odorato. Cosàƒ¬ viciniࢀ¦ Alla fine gli occhi non distano mai piàƒ¹ di 5 cm dal naso. Eppure possono ingannarti cosàƒ¬ tantoࢀ¦ Non ingannarti, piuttosto confonderti e illuderti.
Accendàƒ¬no.
Accàƒ©ndino.
Vàƒ©nghino signori, vàƒ©nghinoࢀ¦

Yin e Yang. Bene e male. Maschio e femmina.
Femmina.
Femmina.
I desideri dei nostri padri ci condizionano per una vita. Peccato che sia anche lࢀ™unica.

Un semaforo.
Traffic Light.
Light.
Lighter.

Ecco perchàƒ© sono uscito, lࢀ™accendino.
Mi guardo le unghie delle dita delle mani. Sono sporche. Sono piene di terra. Come se avessi scavato. Terra? Abito in un appartamento al quattordicesimo piano, odio le piante (piàƒ¹ che altro non riesco a farle sopravvivere), non gioco in un prato da anni e ho le dita sporche di terra? Inesplicabile. Non mi interessa neanche esplicarlo.

Sento puzza di paradosso.

Accendino. Lo compro. Lo voglio azzurro con la pietrina, non col tasto automatico di plastica, un vero squallore, quello col tasto di plastica àƒ¨ fatto per i nevrotici che se comprano quello con la pietrina ci giocherellano nervosamente fino a romperlo e tutto il gas allࢀ™interno dellࢀ™accendino risulta sprecato. Io non sono assolutamente nevrotico e quindi compro quello con la pietrina. Anzi, due. Uguali.
Tanto nessun altro potràƒ  mai dirvi il contrario.
Intendo il contrario di come sono. Sono io che penso, non qualcun altro, sono io che vengo ascoltato. E quindi un non-nevrotico come me compra accendino con pietrina. Fine (Due).

Scherzavo.
Mi concentro. Ora devo ritornare al mio quattordicesimo piano senza troppe interruzioni e distrazioni per strada. No, no, no, camminare, occhi bassi, accendini in tasca, tutto perfetto, e qualcuno che ti aspetta a casa col cuore in gola, con unࢀ™emozione indescrivibile dentro.
Eࢀ™ tutta la vita che aspetto. Tutta la vita. E ora so che finalmente qualcuno dipende da me, che qualcuno sta soffocando nellࢀ™attesa, impazienza, forse, anzi, di certo, voglia di fuggire, gridare, sfogarsiࢀ¦ E solo il mio arrivo puàƒ² porre fine allࢀ™incendio. O darvi inizio.
Eࢀ™ bellissimo tutto questo. Mi fa allungare il passo. Quasi corro, ma non corro, perchàƒ©, si sa, lࢀ™attesa àƒ¨ molto piàƒ¹ bella del compimento del desiderio stesso.
Cammino (abbiamo giàƒ  discusso su questa parola) e il profumo primaverile di questࢀ™autunno mi fa sentire leggero, come quando prendi una boccata dࢀ™aria, tenti di immergerti nellࢀ™acqua ma i tuoi polmoni ossigenati ti trattengono su.
Fluttuare.
Scale.
Porta.
Et Voilàƒ .
Casa.
14 con un cerchio intorno.
Dlin.
Porta.
Mugolio sommesso e luce soffusa. Si prepara veramente un crepuscolo di fuoco. Ancora mugolio, che cresce. Sono entusiasta. Tutto àƒ¨ come speravo.
Entro nella mia camera. Per lࢀ™occasione lࢀ™ho svuotata completamente. Cࢀ™àƒ¨ solo una sedia con un tizio legato e imbavagliato sopra.

Si chiama Peter Greenway.

E questo perchàƒ© nessuno ha il diritto di uccidere il sogno di qualcun altro.
Neppure di farlo nascere prima.

Se lࢀ™odore di quel liquido mischiato alla pozzanghera era intenso sulle mie mani, sul corpo di quel ladro di tempismo era drasticamente opprimente. Agghiacciante. Invadente. Fastidioso. Come quelle donne che si spruzzano del povero profumo in grande quantitàƒ , boccette con unࢀ™invisibile scritta ࢀœa poco prezzoࢀ? impressa sopra.
E gli accendini. Ne prendo uno dalla tasca. Il gemito aumenta. Eࢀ™ veramente equivoco questo rumore. Spero che i vicini non sentano perchàƒ© mi potrebbero denunciare per disturbo della quiete condominiale (se esiste).
Appoggio il pollice sulla pietrina dellࢀ™accendino. Scorre una volta. Scintilla e shhh.
Scorre una seconda volta. Scintilla e shhh e fiamma.
Brucio Peter Greenway.
La mia speranza era che morisse senza capire cosa aveva fatto e perchàƒ© moriva.
Credo che non sia stato lࢀ™unico a non capire.

Lࢀ™ho lasciato bruciare a lungo, nella stanza. Comunque dopo i primi venti minuti si era ridotto ad un tizzone fuso insieme alla sedia di plastica. Lࢀ™ho lasciato raffreddare tutta la notte.
Allࢀ™alba, lࢀ™ ho raccolto, sempre fuso insieme alla sedia. Faceva molto arte contemporanea.
Lࢀ™ho infilato in un sacco per lࢀ™immondizia, il solito banale sacco nero, e lࢀ™ ho portato fuori cittàƒ , per gettarlo dritto tra le braccia e le zolle della Madre Terra.
Ho scavato una buca profonda, in parte con un bastone che avevo trovato sul posto, in parte con le mani. Ho gettato il sacco e ho ricoperto. Fine (Tre).

Ora ricordo. Eࢀ™ stato làƒ¬ che mi sono sporcato le unghie di terra. Eࢀ™ chiaro.

La mia analista dice che dovrei smettere di descriverle cosàƒ¬ minuziosamente solo questa mia fantasia. Io ho cercato di spiegarle che non àƒ¨ una fantasia.
Lei ha fatto delle ricerche. Non esistono Peter Greenway registi, nàƒ© tantomeno Peter Greenway registi scomparsi.
Non ha mai voluto venire a vedere dove ho sepolto (o dico di aver sepolto) il sacco abominevole.

E tutto questo mi riporta allࢀ™inizioࢀ¦
Quello che succede intorno a me succede solo perchàƒ© io percepisco il suo accadimento? La mia percezione àƒ¨ la chiave di volta per lࢀ™esistenza di tutto lࢀ™universo?
E le mie percezioni sono poi cosàƒ¬ ordinate e chiare?
Come posso essere sicuro che il mio cervello non rielabori quello che percepisce a suo completo arbitrio?
Con incongruenze temporali, con paradossi, con sinestesie e mescolanze di sensazioni?
Cosa sento?
Qual àƒ¨ la veritàƒ ?
Quale, tra tutte quelle che la mia mente mi propone?
Come posso essere sicuro di quello che àƒ¨ vita, quello che àƒ¨ sensazione, quello che àƒ¨ ricordo, immaginazione, pensiero, realtàƒ , contatto, profumo, bacio o solo desiderio?
Ora che stanno finendo anche i miei pensieri, anche la realtàƒ  sensibile àƒ¨ destinata a finire?
In che ordine àƒ¨ successo tutto?

E lࢀ™odore di bruciato che affolla le mie narici e che sembra non volersene andare neanche quando dormo appartiene a Peter Greenway o al pollo che mia nonna scottava sul fornello quando ero bambino?

3 thoughts on “Senso

  1. Ahhh vale 🙂 “Senso” è geniale! Quand’e’ che lo proponi a qualche bel concorso letterario come si deve? Aspetto gli altri racconti! Paola

  2. Ehm… Sì, lo proporrò a qualche concorso… Qualche altro concorso, visto che finora non ha riscosso successo! Comunque grazie, sono emozionata…

  3. si, Val,Senso è geGNale, dovresti essere più spregiudicata e promuovere quello che scrivi, non scriverlo e basta..ti ricordo che certi squallidi e immeritevoli personaggi sono ora considerati le VOCI GIOVANI DELLA POESIA…senza aver scritto praticamente niente…anzi, promuovendosi e basta!!! Ridi Pagliaccio…

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