Far East Film 12 – Zero Focus

Zero Focus

Film giapponese del 2009, regia di Inudo Isshin, questo film è un’ambiziosa scimmiottatura di un giallo hitchockiano: donne sull’orlo di una crisi di nervi, mariti scomparsi, paesaggi ovattati e verità  scomode da tenere a bada.
Ottima l’atmosfera: luci, fotografia, paesaggi ricostruiscono bene un senso di oppressione dovuta a un mistero da scoprire. Il ritratto della provincia giapponese innevata di Kanazawa, della vita e delle abitazioni anni ’50, la reazione di una nazione fiera e operosa come il Giappone nei primi anni del dopoguerra, tutto è tratteggiato con precisione discreta a mai abusata.
Passabile la storia: intrecci di vite e menzogne che vengono portate a galla da una giovane donna che ha perso il marito (lo ha letteralmente perso, nel senso che non riesce più a trovarlo).
Fragili e deboli i personaggi: le tre donne protagoniste sono spesso spinte da motivazioni al limite del verosimile, compiono scelte forzate e anche i personaggi maschili che gravitano intorno a loro sembrano, nella parte finale, risentire di questa illogicità  spinta, che non trova nessuna giustificazione nel colpo di scena finale (per me ben prevedibile fin dall’inizio del film).

Quello che mi ha fatto apprezzare il film è stato invece il modo in cui ha ricostruito le sorti delle donne nel dopoguerra e l’avvio della fase di emancipazione (con ingresso in politica, alfabetizzazione, indigenza dal mondo prettamente maschile): diversamente da quanto avviene di solito, lo sfondo sociale è piacevole, comprensibile, ben equilibrato e dosato, senza i frastornanti proclami delle suffragette femministe a cui tanti film (italiani e americani) ci hanno abituato.
La debolezza della caratterizzazione psicologica delle tre protagoniste viene compensata dal loro diventare degli “universali discreti” di un periodo storico ben delimitato. Le loro azioni e la loro “fine” sono tutte una sorta di metafora per i ruoli che si stavano aprendo (o chiudendo) davanti alla società  femminile dell’epoca.
Cercare di emulare Hitchock non è un’impresa da poco e sicuramente il Zero Focus non si avvicina allo spessore del grande maestro, ma si salva abilmente dipingendo la società  con colori e immagini decisamente incisivi.
3 su 5

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