Incrociamo le dita? Incrociamo-le-dita? Ho capito bene?
Stiamo parlando di lavoro, di un lavoro qualsiasi, un lavoro che cerco, un lavoro che spero, un lavoro che magari è disponibile per me, e tu mi parli di “incrociare le dita”? Eh, no, però, è proprio così che mi si manda in bestia. E’ il modo perfetto, proprio. Sovrapporre la “fortuna” con il “merito”.
Dimmi che sono un cane. Dimmi che non ho esperienza. Che c’è un candidato più adeguato di me. Che non devo rompere le palle e restarmene qui a contare le lettere sullo schermo. Dimmi qualsiasi cosa che riguardi un merito, una competenza, ma non dirmi “incrociamo le dita”. Io non ci credo. Il lavoro non è questione di fortuna. Non è questione di incrociare le dita. E’ questione di essere la persona migliore per svolgere un certo incarico. Questo è il punto.
Pensi di ferirmi, se mi dici che non sono adeguata? No, è un lavoro. Non mi stai dicendo che sono un essere umano inadeguato. Non stai squalificando il mio sistema emotivo, relazionale, sociale, la mia famiglia, i miei amici, tutto. No, mi stai dicendo che non vado bene per un lavoro. Posso rimanerci male, ma supero la cosa con nonchalance e vado oltre.
Però, per favore, non dirmi “incrociamo le dita” o “buona fortuna”. Buona fortuna cosa? Dove lavori tu assumono la gente con l’estrazione del lotto? E’ così che funziona? Cosa diavolo mi sono laureata, dottorata e ho lavorato negli ultimi 10 anni a fare, stupida io. Bastava un po’ di fortuna. Bastava incrociare le dita e sperare che San Gennaro facesse il miracolo.
Ora, tutto questo non mi avrebbe scossa tanto se tu fossi stato italiano. Abbiamo una mentalità fatalista, qui, e poi siamo un popolo abituato ad aspettarsi qualcosa da Dio, dal destino o dai maghi della televisione (o anche dagli amici politicanti), più che a lavorare sodo per averla.
Ma tu sei inglese. O americano, non ho capito. E mi dici “Incrociamo le dita”? E’ la fine, veramente.
Io passo oltre. Questa cosa che il lavoro nobilita l’uomo, secondo me, la devono rivedere. Almeno in alcuni posti, in altri no, c’è ancora gente (e sì, ITALIANI, non solo stranieri) che lavorano a modo, che si impegnano e che pretendono veramente la qualità da quello che si fa.
Io, a lavorare con uno che mi dice “incrociamo le dita” e il progetto andrà bene, non ci vado e non ci andrò mai.
“In culo alla balena” va meglio?
Sempre meglio di questo: http://roma.repubblica.it/cronaca/2010/11/04/foto/giovani_disposti_a_tutto-8735293/6/
Vale non sei adeguata, ma proprio per una sega!
Oh, diobonino! Finalmente qualcuno!
😉