Calenda (un giorno prima, per me)

Questa è la notte in cui il velo è più sottile, in cui i vivi si possono avvicinare, in cui possiamo un po’ osservare.
Seduta sul vialetto di casa, ascolto i rumori delle foglie, gli scricchiolii dei rami, il freddo sotto di me, lo strano calore intorno. Al buio, con la luna velata sopra di me e l’infinito dentro, mi sono sentita al riparo, sotto il cielo notturno.
Mi è tornata in mente la Betulla, che per anni è stata la mia confidente segreta. Le sue foglie restavano immobili e silenziose, ma sapevano ascoltare.
Ho guardato il Pino Marittimo, l’ultimo di tre fratelli, che si stagliava nel cielo notturno un po’ incline al suicidio. Gli manca il mare, come dargli torto?
Mi sono ricordata dei tre Peschi dell’orto, che mi hanno dato da mangiare nei lunghi e noiosi pomeriggi estivi. Ai loro piedi cresceva una menta speciale, che aggiungeva al gusto delle pesche un aroma prezioso e irrecuperabile.
Il tronco del Pino Azzurro è stato coperto con un vaso. E’ rimasto appartato e indifferente agli sguardi per anni, finché un giorno non ha iniziato a piangere lacrime gialle e polverose, ed è caduto senza che io lo potessi salutare.

Il mio Giardino, stanotte, mi ha raccontato una storia che già  conoscevo, mi ha ricordato gli anni e i giorni e i minuti che ho passato a giocare con lui, silenziosa e costante presenza, che allora non coglievo, ma che adesso vedo in ogni giorno della mia infanzia, forte e rassicurante.

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Resta il Gelsomino Intrecciato a farmi compagnia, profumato e generoso, quando è il momento, come morto, invece, quando vuole riposare.

Strana notte, questa. Probabilmente non dormirò. Mi capita spesso, da un po’ a questa parte, ma adesso è diverso. Nel sonno dell’assenza, ora, non mi sento sola. Strano. Ma non lo sono.

“Diana Stellis Gravida, Stellarum Diana Regina”

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