Arrivo
Udine, Giacomo, Gian e Valentina, 2013, 6 giorni
Alienata. Così mi si può definire se, pur con il lavoro bellissimo che faccio, mi ritrovo ad arrancare, verso febbraio/marzo di ogni anno, aspettando il Far East come e più freneticamente di quanto si aspetta il Natale (che invece odio, ma mai comunque quanto odio Capodanno).
Quest’anno siamo arrivati col fiato corto: occhiaie, chiari segni di decadimento fisico vanamente contrastati dal tragitto casa-lavoro in bicicletta, aridità di immaginazione a malapena compensata da Bioshock Infinite che mi ha dato lo spunto per una nuova raccolta di racconti, insomma, dei rottami, a 30 anni. Ma dei rottami con una speranza: quella, cioè, di ricaricare le batterie grazie alla combinazione perfetta di giorni insieme, Friuli, buon cibo, Udine e soprattutto Far East Film Festival. Sì, arriviamo che sembriamo tre pellegrini che raggiungono l’ambita meta dopo giorni e giorni di viaggio, coi vestiti laceri, assetati, affamati, senza quasi ormai speranza. E bastano un pranzo tutti insieme, due passi in città e soprattutto l’accredito White Tiger attorno al nostro collo e la borsa del Festival, con programma e catalogo appena comprato, a tracolla per ridarci nuova vita e trasmutarci in animali da cinema.
Grazie a un ferreo programma stilato da Giacomo, possiamo quindi addentrarci nella visione di un minimo di minimo 13 massimo 16 film dalla Corea del sud al Giappone, passando per Cina, Hong Kong e forse, se ce la sentiamo, per Filippine e Malesia (anche se forse, dai Far East precedenti, ricordate che razza di mattoni queste due nazioni ci abbiano regalato). Verso la fine della settimana, poi, arriveranno anche Max e Claudia, a dare un ulteriore tocco di colore al tutto.
Ce la possiamo fare? Certo. La parte difficile sarà poi aspettare un altro anno perché il Far East ritorni.