But Your Princess Is In Another Castle…
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Sono uscita dal supermercato
Che poi ti ritrovi in un supermercato e non sai nemmeno perché ci sei entrata.
Non ricordi cosa dovevi comprare, ma diventa una questione di principio, tipo ci sono e mi impunto.
Ecco, io e l’Ali eravamo in questo supermercato e nessuna delle due si decideva di andare alla cassa.
Poi ti accorgi che basta che compri una ciabatta di pane e puoi andartene e addirittura hai abbastanza punti per prendere il premio.
E esci dal supermercato una sera di agosto, con poca gente per una Milano che non sembra nemmeno Milano, ma è come mi immagino tipo Lisbona, grigia e povera ma dignitosa, e passeggi e ti accorgi che non c’è bisogno delle corsie di cibo e di cose per essere amici o per vivere, tipo.
Sono andata dal parrucchiere.
Ho comprato biancheria intima.
Ho studiato libri che avevo sul tavolo da mesi.
Eppure c’è ancora qualcosa che manca, ma questo è lo stato fondamentale per continuare a vivere, se no t’ammazzi e bon.
Invece è questa insicurezza di aver dimenticato a casa qualcosa, questo sentore che ci sia qualcosa che ti sfugge che ti fa andare avanti.
Certo, ultimamente i “pacchi” sono parecchi.
Le cose che non vorrei sorpassano quelle che pensavo di volere, però che ci vuoi fare, è così che funziona, non si deve temere niente, solo i propri desideri. Sopratutto quando si avverano.
Il punto è che non so più molto bene cosa voglio, se voglio essere in un modo o in un altro, se voglio essere una star o Leopardi, se voglio essere Molto Verde oppure Naturofobica.
Non siamo quella cazzo di linea della vita di Donnie Darko, siamo esseri a più dimensioni, sì, a più di tre dimensioni, e non è facile rassegnarsi alla complicatezza quando tutto quello che vorresti è semplicità .
Evaporata in una nuvola rossa, ma non è questione di corpo, è questione di mente, vorrei restare così ma poter evaporare quando voglio.
Evaporare in una strada di Venezia leggendo Edgar Allan Poe o essere a Parigi e scavalcare quel muro che ho visto a quattordici anni e andare dove sentivo che era giusto, passeggiare a Londra quando ho voglia e senza avere paura perché sono una donna, svegliarmi ancora in case altrui, senza ricordare dove, ma soprattutto senza sapere perché.
Perché ultimamente c’è un motivo per tutto.
Ci vediamo dopo il lavoro, sospesi tra i vostri “come sta”, ci incontriamo lì perché è più comodo, ti chiamo io perché sono occupata, non voglio figli perché sono solo una scusa per non osare, domani scrivo perché è l’ultimo giorno, piango, ma mai troppo forte perché mi potrebbero sentire, voglio, ma mai troppo forte perché potrei sbagliarmi, desidero sì, ma mai del tutto, perché se poi si avvera?
C’è un perché in ogni cosa, ma poi i perché veri non li guardiamo mai in faccia, io non li guardo mai in faccia e ancora non so qual è il mio cibo preferito, non so qual è il mio sogno nel cassetto, non so quanto i desideri e le paure di chi c’era prima di me o di chi non c’è mai stato guidino le mie decisioni.
E pensare che ho solo altri quarant’anni per scoprirlo non mi fa stare meglio, perché non riesco a fare niente in tempo. Niente delle cose che contano, ecco.
Potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo con una scatola di legno con scritto “Perderemo”.
E forse l’ho fatto.
E mai che mi sia venuto in mente
Di essere più ubriaco di voi
Di essere molto più ubriaco di voi
Del perché sono un'idiota
1- Penso di essermi accettata come sono, poi scopro che non ho capito come sono e che ho accettato un fake di me stessa. Poi ho pensato che quel fake fosse reale, poi mi sono fermata a pensare ma in realtà non ho capito, ho mangiato del sushi e ho scritto a matita sul mio quaderno per soddisfare la mia parte finto-bohemienne e mi sono auto-definita ‘borghese’ con disprezzo
2- In una stradina della mia città , ho visto un ragazzo di colore e una ragazza di colore che cercava di salire su una bicicletta. Appena mi hanno visto, si sono immobilizzati, interrompendo qualunque cosa stessero facendo e io ho pensato che lui la stesse molestando, ‘D’altra parte è negro’, mi sono detta. Ho fermato la macchina poco più avanti e ho guardato nello specchietto retrovisore. Lui le stava insegnando ad andare in bici, lei non era capace, li ho sentiti distintamente ridere, si sono baciati
3- Prima di cena passeggiavo nell’ennesimo squallido centro commerciale della mia grigia città . Vedo Angela, una ragazza disabile di una decina d’anni più grande di me, che conosco di vista perché frequentava le magistrali mentre io andavo alle elementari dalle suore. Non abbiamo mai parlato, ma io me la ricordo, perché quando ero piccola mi aveva fatto molta impressione. Non può camminare e ricordo distintamente che quelle puttane delle magistrali del mio paese la tiranneggiavano e la prendevano in giro. Una volta che doveva andare in bagno le avevano fatto credere che non ci fosse nessuno, poi in realtà dentro c’ero io che avevo 7 anni e quando lei ha aperto la porta, ed era sulla sua sedia a rotelle motorizzata e aveva la faccia un po’ storta io mi sono spaventata e loro hanno riso e lei si dev’essere sentita una merda.
Fatto sta che stasera la rivedo, sempre su una sedia motorizzata, ma bella, con un viso dolce e truccato gentilmente, i capelli neri, mentre, da sola, beve qualcosa a un bar e mangia qualche stuzzichino. Passo oltre, mi blocco, ci ripenso e torno indietro. Le chiedo se lei è veramente lei. Mi dice di sì e mi dice che si ricorda di me. Forse per quello stesso episodio del bagno, non posso saperlo, non glielo domando. Però parliamo per qualche minuto e scopro che è una psicologa e che aiuta i ragazzi all’università . Guardo il suo bicchiere solo e lei capisce: mi dice che sta aspettando suo marito e che devono fare la spesa. Le dico che la capisco e che lavorare a Milano è una fatica, ma si possono fare molte cose belle. Non abbiamo detto niente più di così, ma io ho capito e forse anche lei ha capito quello che ho capito io. E non è sola, e sembrava serena e probabilmente lo era. E se cerco di ricordare di che colore era la sua sedia motorizzata non lo ricordo, ma so benissimo che ha dei begli occhi marroni e i capelli lisci. E che è una persona gentile.
E so anche che quelle puttane che la deridevano staranno tristemente succhiando cazzi dopo squallide serate in discoteca, senza aver capito niente di quello che si può arrivare ad essere nella vita
4- Riesco sempre a restare in bilico e a portare sul bilico anche chi in bilico non sarebbe. Hai presente quando ti guardi indietro nella vita e ti dici ‘Se non ci fosse stata quella persona non ce l’avrei mai fatta?’
Ecco, io NON sono mai quella persona, io sono il grillo parlante, quello che sta sul cazzo a tutti e che dice cose ovvie, sono il classico essere che nella divisione del mondo tra ‘Geni’ e ‘Chi dice di essere genio’ si inserisce nella seconda categoria, sono la mediocrità mascherata da brava ragazza e sono la mia falsa ambizione, la mia falsa facciata, la mia vera idiozia, la mia falsa voglia di fuggire, il mio senso di inadeguatezza eccetera eccetera eccetera
5- Passo per una strada dove una volta io e la mia amica Alice ci siamo nascoste mentre bigiavamo da scuola e vedo che ormai anche lì arrivano i tentacoli della Gallarate bene: gentaglia che ha costruito la reggia di Beverly Hills con tanto di piscina. Le case ‘popolari’ e da poveri che ci sono intorno spiccano per contrasto e fanno sembrare la reggia ancora più sontuosa. Poi mi ricordo che le testedicazzo proliferano ovunque e che ovunque andrò mi seguiranno. Nel frattempo mi dò dell’imbecille perché, nonostante tutto, sono ancora qui
6- Il silenzio e la solitudine di stasera non aiutano affatto. E so già che, dato che non ci sei, non riuscirò a dormire, mentre quando sei qui mi addormento come un bambino in giro per casa.
D’altra parte questo post si intitola Del perché sono un’idiota, quindi…
L'animale – Cioè me stessa
Vivere non è difficile potendo poi rinascere
cambierei molte cose un po’ di leggerezza e di stupidità .
Fingere tu riesci a fingere quando ti trovi accanto a me
mi dai sempre ragione e avrei voglia di dirti
ch’è meglio se sto solo…
Ma l’animale che mi porto dentro
non mi fa vivere felice mai
si prende tutto anche il caffè
mi rende schiavo delle mie passioni
e non si arrende mai e non sa attendere
e l’animale che mi porto dentro vuole te.
Dentro me segni di fuoco è l’acqua che li spegne
se vuoi farli bruciare tu lasciali nell’aria
oppure sulla terra.
Ma l’animale che mi porto dentro
non mi fa vivere felice mai
si prende tutto anche il caffè
mi rende schiavo delle mie passioni
e non si arrende mai e non sa attendere
e l’animale che mi porto dentro vuole te.
Nomen Omen
“Come ti chiami?”
“Helena”
“Dovresti cambiarlo, il nome. Trovartene uno con un po’ più di passione, magia e un pizzico di pericolo. Qualcosa come Valentine.”
(Neil Gaiman, su gentile concessione di Alice)
Assenzio nel sangue
C’era la luna sul letto, ma non il tuo odore.
Scompare così in fretta, quel profumo, dalle lenzuola, dai cuscini.
“C’è la luna nei miei ricordi
c’è sempre la luna
e mi diventa bianco il cervello
se non la smetto di ricordare”
Vivo su un’assenza. Una qualunque o la tua.
E non so smettere di ricordare.