Ci sono cose che si fanno tante volte nella vita, fin da piccoli, senza nemmeno farci caso.
Io oggi ne ho fatta una, stupida, inutile, insensata, ma mi sono resa conto, nell’istante in cui la facevo, che era davvero la prima volta in ventiquattro anni: ho spezzato gli spaghetti prima di metterli nell’acqua bollente della pentola.
Non l’avevo mai fatto (e credo che mai lo rifarò). E’ così strano rendersi conto dell’unicità e della novità di un gesto così ordinario.
Seghe mentali? Probabilmente sì.
E comunque è vero, da interi gli spaghetti hanno tutto un altro sapore. Più buono. Molto più gustoso. Spezzati a metà perdono qualcosa. Forse la loro natura di spaghetti. Non saprei. Ma è così.
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Laurea!
Il 22 marzo mi sono laureata!
Non riesco ad auto-celebrarmi e a scrivere un resoconto obiettivo della cosa, ma per fortuna c’àƒ¨ Alice, la mia amica narratrice, che ha assistito a tutto e che l’ha fatto al posto mio!
Riporto il testo anche qui di seguito.
Ecco la foto di uno dei regali piàƒ¹ belli che ho ricevuto! Ma proprio bello, eh…
Grazie a tutti quelli che mi sono stati vicino. E’ stato indimenticabile!
“Arrivare allo IULM àƒ¨ un attimo: al casello comunichi la destinazione e ti viene consegnato un distintivo da attaccare al vetro, tipo bollo svizzero per lࢀ™autostrada; subito ti si apre davanti una corsia preferenziale e dei binari giudano la tua auto fino allࢀ™Universitàƒ .
Naturalmente se hai una macchina Di Un Certo Livello.
Non conta la grandezza, le Smart, ad esempio, non hanno alcun problema, bensàƒ¬ la cilindrata, il modello e il livello di presentabilitàƒ .
Con la Cinquecento [GIALLA, n.d.Vale] ci ho messo unࢀ™ora abbondante, mi hanno piazzato nella corsia poverinoࢀ™s, compressa tra una roulotte peace&love e un tir polacco.
Una volta sbarcata sul territorio di competenza IULM, ci ho messo altri venti minuti a trovare parcheggio, cࢀ™erano degli omini in divisa da ausiliario della sosta che vedendomi arrivare si sdraiavano nei posti liberi troppo vicini allࢀ™ingresso Vip, alla fine mi sono incastrata tra una Due Cavalli e una Panda.
Dopo aver pagato pegno nella filiale interna della Popolare di Sondrio per ricare il cellu, ho raggiunto il magnifico Edificio Numero 5.
Fuori, il papàƒ della Vale fumava e appena mi ha visto si àƒ¨ dilettato a prendermi benevolmente per il culo, insistendo sul fatto che tanto io non mi laureeràƒ² mai.
Nel frattempo, direttamente dalla Guerriglia di strada àƒ¨ arrivata mia sorella, travestita da Komandante, sprezzante del Sistema e della selezione allࢀ™ingresso.
Dentro tra la folla, riconoscevo a poco a poco le facce amiche, mi si materializzavano davanti dal nulla, sembravo sotto lࢀ™effetto di qualche fungo… Ho faticato anche a riconoscere Val, anche se cࢀ™àƒ¨ da dire che era trasfigurata nel suo travestimento da lureandaࢀ¦ A detta di sua madre dovràƒ indossare il tallieur per almeno una settimana.
Solo a lei poteva capitare di non avere la propria relatrice in commisione, colpita dallࢀ™Asiatica infame.
Solo lei poteva fare una tesi sui videogiochi risultando credibile.
Solo lei, pervasa dal sacro fuoco dellࢀ™esaltazione intellettuale, poteva dire al Presidente: “Quello che dice non àƒ¨ corretto!”
Dietro, il pubblico e il parentame sussultava e momorava , assentiva compiuciuto, lanciava occhiate di sdegno alla commissione, riconoscendone le immani vaccate e fremeva di eccitazione al momento del verdetto.
Dignitàƒ di Lodeࢀ¦ Plauso e lacrime.
Suo padre, silenzioso e guardingo le confida che àƒ¨ stata brava, poi si ricompone e proclama che la lode àƒ¨ il minimo, avendo lui pagato per cinque anni.
Poi di nuovo tutti verso GallaCity, Io&Lus, le sorelle-merda che non si laureeranno mai, equipaggio fisso sulla nostra saettante Cinquecento.
E poi finalmente Festa!
Non ritenevo possibile ubriacarsi col Campariࢀ¦ Ma se àƒ¨ per questo nessuno credeva nemmeno che Natan potesse dedicare pubblicamente “PUPPE A PERA” alla Vale nel Conclave dei Parenti Riuniti e risultare ai loro occhi ࢀœun sobrio bravo ragazzo da non lasciarsi sfuggireࢀ?.
Ma àƒ¨ successo.
Questa Laurea ha un che di miracoloso.”
Ode alla pelliccia!
No, questo non è il solito post ecologista.
Assolutamente.
Voglio anzi sostenere la dignità , l’eleganza, la bellezza e il fascino di un capo di abbigliamento millenario, che la nostra razza utilizza da sempre e che, grazie allo studio di artisti-mastri-pellai, ora sono delle vere opere d’arte da indossare: la pelliccia
Quanta nobiltà conferiscono a chi le porta? Quanto aiutano a rimarcare uno stato sociale evidentemente più elevato di quello del dozzinale popolino che non si può permettere questi stupendi ammassi di morbido pelo naturale?
E poi, non è davvero importante che le bestie utilizzate per produrre questi status simbol di bellezza e “modaiolità ” vengano brutalmente ammazzate. Sempre bestie sono, e quindi chissene frega.
Per dire.
A me cose come QUESTA non fanno per niente effetto.
Anzi, ora lavorerò per anni, risparmierò di brutto e mi comprerò una bellissima pelliccia di zibetto naturale, poi una di volpe, poi una di furetto, poi una di… Tutto, insomma. Perché privarsi di capi così sensazionali? Perché non ricordare al mondo tutto quanto possiamo essere superiori agli animali?
Perché siamo superiori, non è evidente?
Ciao Cile…
Ciao Cile. Non riesco a dire altro.
E invece, penso molto. Penso che sei sepolto lì dietro, in giardino, e che ti ho scavato la buca di notte, con Natan che illuminava il terreno con una torcia. E penso che ho portato tre lanterne accese fuori, e le ho messe lì intorno, per rischiarare una notte buia e triste come quella di ieri, in cui ti ho dovuto salutare, spezzato e con il sangue alla bocca, ingiustamente, a due anni.
I gatti anno nove vite, tu le tue te le sei bruciate in fretta.
Chissà chi ti ha investito.
Chissà perché non si è nemmeno fermato.
Chissà se ti avessimo costretto a stare in casa…
Ma non si può. Voi gatti siete liberi, incoscienti e tu, da piccolo, eri anche sordo. Una volta hai rischiato di essere mangiato da Ulisse, con cui poi hai fatto amicizia. Una volta un altro cane ti ha quasi staccato la testa. Ma sei sopravvissuto. Mille altre volte ti sei azzuffato con la gatta. Ma non era mai “per davvero”.
Ora non farai più niente di tutto ciò. Chissà se rinascerai. In cosa rinascerai. In che forma, intendo. Se sarai ancora gatto, spero che mi ritroverai, come hai fatto stavolta, e che vorrai stare ancora con me.
Per quanto mi riguarda, ti ricorderò sornione, beato, bianco_sporco, con le zampe enormi, con i tuoi occhi azzurrissimi e quel pelo lungo e bianco.
Per quanto mi riguarda, oggi è un giorno orrendo e non riesco a smettere di pensare che sei là fuori, dietro la finestra del bagno, con un mazzolino di fiori striminzito sul terreno, dove ci sei tu.
Come in un racconto di Poe, vorrei scavare, la notte, e venire a tirarti fuori, per vedere se sei ancora vivo. Il cuore mi dice così, ma la mente e le mani che ti hanno sentito freddo e rigido, sanno che è altrimenti.
Per due anni mi hai fatto compagnia. Per due anni mi hai fatto sorridere.
Ciao Cile…
Cile uno
Cile due
Cile tre
Cile quattro
P.S: anche Natan sta molto male. Pensa un po’, è sicuro che tu fossi il suo vecchio gatto reincarnato… Se non era stata fortuna questa, ritrovarvi così…
Di come resuscitai un criceto…
E’ un mercoledì come tanti. Voglio prendermi una pausa dalle incessanti traduzioni e decido quindi di giocherellare un po’ con Lena, la mia criceta di un anno e mezzo che subisce periodicamente le mie angherie.
Apro la gabbia e stranamente non reagisce. Di solito scatta, si sveglia, esce dalla casetta-tana e cerca il cibo fresco. Niente, nessuna reazione. Picchietto sul tettuccio fuxia della casetta. Niente. Un tremendo presentimento mi assale. Scoperchio la casa e vedo Lena lì, nella classica posizione “morte del criceto” che ben conosco: anche suo marito Julio (che all’inizio credevamo una donna, Julia) era morto così, nel sonno, senza distrubare. Ed era appallottolato, come lei ora, con la schiena inarcata e la testa rannicchiata tra le mani.
Niente, la accarezzo, la punzecchio. Niente. Allora la prendo in mano. Fredda come un blocco di ghiaccio. Proprio congelata, non per modo di dire. Dura, fredda, paralizzata. Come di solito sono… Mmm… Vediamo… I morti? Ecco, sì, proprio come loro.
Allora resto lì, seduta di fianco alla gabbia della mia ormai ex-criceta. Tengo Lena tra le mani, la accarezzo, senza nemmeno riuscire a farla stendere. E’ in pieno rigor mortis, proprio stecchita.
Piangiucchio un po’ (sì, piango per la morte di un criceto, problemi?) e continuo ad accarezzarla, rievocando mentalmente tutti i momenti felici che Lena mi ha regalato da quando mia sorella me l’ha data a Natale del 2004: quando, con la sua presunta compagnia Julia (poi rivelatasi Julio, ebbene sì, ho avuto anche criceti transessuali) era piccola piccola e rosicchiava qualunque cosa, oppure quando, dopo il cambio di sesso di Julio, ha sfornato ben nove cuccioli (solo sette sono poi sopravvissuti) tutti bellissimi, anche se un po’ malaticci, che sono ora sparsi per altre case del pianete.
Quella volta che mi ha rosicchiato di nascosto il cavo delle casse del computer (rischiando di restarci secca), quella volta che me la sono dimenticata in giro per casa e ha rischiato di essere divorata da uno dei miei due gatti… Insomma. La tenevo tra le mani e, mentre qualche lacrimuccia mi solcava il viso, ricordavo e sorridevo.
Poi a un certo punto, da questo scenario visto e rivisto (quanti criceti saranno morti in questa casa?), si passa a quello che può essere un film di zombie o fanta-horror: vedo uno strano fremito nella zampina destra della criceta morta stecchita. Mi convinco che si tratta di un movimento causato da me, probabilmente la tenevo in mano in modo strano. E invece no, lo rivedo.
Immediatamente allora accantono l’idea di seppellirla senza farle dare l’estremo saluto dai membri della famiglia e la guardo meglio. E’ sempre fredda, non sento nessun cuore che batte e la cassa toracica non fa il minimo movimento. Nemmeno impercettibile, osservo bene. Ma quel piedino continua a muoversi. Allora comincio a sfregarle il corpo piano piano, cercando di non farle male. E più la strofino, più parti di lei si rimettono in moto. Le orecchie fanno qualche scatto inconsulto. I baffi cominciano a baffeggiare. Insomma, nel giro di pochi minuti mi accorgo che è ancora viva (ma, nonostante questo, non vedo né sento respiro alcuno). Prendo un cestino di vimini, metto all’interno paglia e fazzolettini di carta e Lena e appoggio il tutto sul calorifero, controllando a vista che non si bruci. Periodicamente la prendo in mano, la accarezzo, e Lena si scioglie sempre più finché, con uno strano e improvviso rantolo (tipo COFF COFF COFF GRASP SCHHHHH) tossisce e ricomincia a respirare. Dopo due ore di riscaldamento, Lena si rimette in piedi. La nutro con mela e granaglie e mangia avidamente. Barcolla, mentre cammina, ma sembra stare bene. Dopo qualche ora si è completamente ripresa e zampeggia in giro per la gabbia come se niente fosse.
Ora è qui, in ottima forma (a parte un enorme bozzo sul collo che ha ormai da diversi mesi), mangia, dorme, beve, gioca, e non ha più dato segni di morte.
Adesso, non mi voglio attribuire poteri divini.
Forse l’ho solo “presa per i capelli”.
Però, dopo questa esperienza, mi sa che non sono solo i gatti ad avere nove vite…
Lunga vita a Lena!
Posti dove smaltire la sbronza – 1
Ci sono una serie di posti dove è possible andare per ripigliarsi da una bevuta inaspettata che ha causato una “brillità ” molesta.
Un normalissimo aperitivo del giovedì sera si può molto facilmente trasformare in una mezza ubriacatura. Bastano un ragazzo appena arrivato, due amici usciti dal lavoro e un locale dove portano degli enormi piatti di cose da mangiare (a patto che tu beva come non mai).
E così questo semi-squallido locale è diventato il nostro rigufio preferito per “allegrarci” dopo una giornata di stenti e privazioni.
Vi assicuro che un Campari col bianco e un Negroni bastano per permettere di affrontare una piacevole serata.
Beviamo. Con Natan, Paolo e Max parliamo di argomenti (più o meno seri, i migliori e più sobri di voi ricorderanno con cosa ho cercato di chiudere prima di andare via, beccandomi un “Vale, sei la peggiore”).
Mangiamo con voracità e beviamo inconsapevoli. E poi, Paolo ha la riunione Scout (ebbene sì, per sopportarla era necessaria una mezza ubriachezza) e Max deve tornare a casa. Finalmente soli, io e Natan ci avviamo verso la Casa dello Sticchio, per cenare, ma giunti nei pressi ci accorgiamo che la fame era pressoché inesistente e, senza alcuna voglia di tornare a casa, decidiamo di ripiegare sul primo posto aperto che vediamo: il Nuovo Sfavillante Multipiano Ipermercato Il Gigante.
Entriamo, abbagliati dalle luci al neon e dai faretti alogeni e mentre sono in bagno Natan va in fissa su un set di pentole anti-aderenti. Ho dovuto portarlo via con la forza bruta.
Ci aggiriamo per il supermercato, osservando pieni di meraviglia le minestre di piselli, carote, lenticchie, farro, avena, riso, orzo, cercando riviste porno da sfogliare (e scopernedo che nei supermercati non ci sono riviste porno, ma ci sono le Garzantine che vanno dalla A fino a FRU[ttolo]). Salendo al piano di sopra, Natan si profonde in un mesto spettacolino salendo su una scala mobile ferma e facendo il moonwalking per 500 metri, per dimostrarmi che anche la sua scala andava, in realtà .
Al piano di sopra, paradiso di tecnologia varia, commentiamo inorriditi una serie di DVD venduti sottocosto, dissuadendo numerosi potenziali clienti (scusate, ma c’erano film tipo “Minuti di piombo”, “Lui sa chi sei”, “Andiamocene, amore, andiamocene” e altra roba inesistente e innominabile).
[Ali, ovviamente abbiamo nascosto i libri di TU SAI CHI…]
Natan si è messo a giocare a PES4 su X-Box e sono riuscita a farlo allontanare da Recoba appena in tempo, prima di perderlo (qualcuno mi spiega perché c’era selezionato l’Uruguay, in un supermercato!?) e, dulcis in fundo, per tornare al piano inferiore, ci siamo catapultati correndo sulla scala mobile che andava in salita, facendoci riprendere da una guardia giurata che, con disapprovazione (ma secondo me gli veniva anche da ridere) ha esclamato: “Come i bambini, come…”
Dopo tre quarti d’ora in questo paese delle meraviglie, siamo tornati a casa.
Posto numero 1 per smaltire una mezza sbronza: Il Gigante.