Teleposto AM. Ovvero, De Amicitia

Un'ultima foto di amici felici
Mi ricordo quest’estate, di notte, dispersi in macchina per le strade di una bellissima Puglia. E mi ricordo il temporale che arrivava, e i lampi sul mare, e la pioggia a dirotto che ci bagnava anche le ossa. E mi ricordo che ci siamo persi, tutti e cinque, cercando di tornare a casa dopo una serata senza sedie e senza bicchieri per tutti e senz’acqua. Ma con tante risate, perché c’eravamo noi, dopotutto, a illuminare ogni opacità .
E mi ricordo Teleposto AM, un cartello nel buio che indicava un luogo sconosciuto e incomprensibile.
Ed è stato ripensando a Teleposto AM che sono stata assalita da una Nostalgia al di là  delle notti insonni, al di là  dei giorni di sole, al di là  di tutto. La mancanza è subdola e arriva all’improvviso. Mi accorgo, in questo sabato pomeriggio bianco e inconsistente, di quanto mi mancate.
Mi mancano le canzoni pop cantate a squarciagola, dovunque andassimo, qualunque cosa facessimo.
E le serate a bere alla Bugia e a girovagare per Pisa parlando, nel silenzio della sera e nel vuoto delle strade.
Mi scende una lacrima pensando alle luci blu, quelle nei palazzi, che così i drogati non si vedono le vene, e mi scende un’altra lacrima pensando che tutto è andato perso, o quantomeno è messo via, in un cassetto che per molto tempo non riaprirò. E poi, quando lo riaprirò, sarà  tutto così lontano che sentirò comunque il dolore della perdita.
Nemmeno gli ordini sbagliati di Ricca, che prendeva sempre quello che non voleva e poi ci invidiava per i nostri piatti luculliani, nemmeno l’atteggiamento brusco e deciso di Massi, che sembrava sempre arrabbiato quando diceva qualcosa e invece era solo il suo modo di essere, nemmeno Tommaso con tutti i suoi non-nomi e identità  plurime, niente di tutto questo, ora, mi fa sorridere, perché vedo tutto da lontano, mi è sfuggito dalle mani perché ho scelto un’altra strada, ecco, niente mi fa sorridere, sento solo una piccola ferita nel palato del mio cervello che stuzzico con la lingua della memoria e non si rimargina (e forse non si rimarginerà ) mai.
Ripenso ai miei Bloom’s Day, che avete sempre odiato tutti, quesi 16 giugno pieni di luci sull’Arno, di fuochi d’artificio che non vedevamo mai e di bevute in giro insieme. Ripenso a come mi sentivo felice di festeggiare con i miei amici una ricorrenza che aveva importanza solo per me, ma che comunque era una festa, era un solco nella pelle e nel ricordo.
E penso che quest’anno non ci sarà  nessun Bloom’s Day, nessuna Luminara in giro per la città .
Penso che non ci sarà  più il vento fresco di novembre che sembra quasi primavera mentre ce ne torniamo a casa dopo una delusione artistica, che non ci sarà  più David (anche perché ha chiuso per lasciare spazio a un modaiolo locale fashion-fusion), che non ci saranno più quegli ottimi hamburger. Non ci saranno più le soste in autogrill a mangiare tutte le caramelle gommose che la nostra bocca può contenere e poi sputarle nelle aiuole, non ci sarà  più il RealConato di Massi, né i silenzi di imbarazzo di Tommaso, né la reticenza ambigua di Ricca.
O forse no.
E’ questo, in realtà  che mi fa più male: ci saranno ancora, tutti quei momenti. Ci saranno ancora e sempre, perché le persone cambiano, ma mai del tutto.
Ci saranno, quei momenti.
Ma non ci sarò io.

E allora vi dico la verità : io vi penserò sempre. Sembra un po’ melò da dire così, ma è vero. Vi penserò sempre. E vi dedico due canzoni, che mi riporteranno sempre e per sempre ai momenti con voi…

Per Ricca ci sono (guardacaso) i Pearl Jam…
Perché sei una persona di cui ho sempre cercato, invano, di penetrare il guscio, ma alla fine cantare insieme ci ha unito tanto e ci ha fatto dire anche quello che con le nostre parole non era facile spiegare: l’inquietudine…


Elderly Woman Behind The Counter in a Small Town

I seem to recognize your face
Haunting, familiar, yet I can’t seem to place it
Cannot find the candle of thought to light your name
Lifetimes are catching up with me
All these changes taking place,
I wish I’d seen the place
But no one’s ever taken me
Hearts and thoughts they fade, fade away
Hearts and thoughts they fade, fade away

I swear I recognize your breath
Memories like fingerprints are slowly raising
Me you wouldn’t recall, for
I’m not my former

It’s hard when you’re stuck upon the shelf
I changed by not changing at all, small town predicts my fate
Perhaps that’s what no one wants to see
I just want to scream… Hello…
My God it’s been so long, never dreamed you’d return
But now here you are, and here I am
Hearts and thoughts they fade… Away…

Hearts and thoughts they fade, fade away
Hearts and thoughts they fade, fade away…
Hearts and thoughts they fade… Away…
Hearts and thoughts they fade, fade away…
Hearts and thoughts they fade, fade away…
Hearts and thoughts they fade, fade away…
Hearts and thoughts they fade…

Per Massi c’è, forse un po’ banalmente, Lou Reed.
Perché a volte non è facile sentire in modo diverso dagli altri, ma poi arriva sempre un…

Perfect Day

Just a perfect day,
Drink Sangria in the park,
And then later, when it gets dark,
We go home.

Just a perfect day,
Feed animals in the zoo
Then later, a movie, too,
And then home.

Oh it’s such a perfect day,
I’m glad I spent it with you
.
Oh such a perfect day,
You just keep me hanging on,
You just keep me hanging on.

Just a perfect day,
Problems all left alone
,
Weekenders on our own.
It’s such fun.

Just a perfect day,
You made me forget myself.
I thought I was someone else,
Someone good
.

Oh it’s such a perfect day,
I’m glad I spent it with you.
Oh such a perfect day,
You just keep me hanging on,
You just keep me hanging on.

You’re going to reap just what you sow,
You’re going to reap just what you sow,
You’re going to reap just what you sow,
You’re going to reap just what you sow…

Non sarà  facile trovare amici come voi.
Non sarà  facile abituarsi all’idea di perdervi.
Non sarà  facile, ecco.

Quadrifogli

L’altro giorno ero abbracciata a spalle nuove, su un motorino chiaro, e fermi a un semaforo ho trovato un quadrifoglio, proprio lì, a mezzo metro da me. Grosso, pacioso e terrificante. C’era, lo so. Ma non l’ho preso.
Poi ho pensato che tutto quello che voglio, ora, ce l’ho. E che non ho bisogno di desideri.
Mi basta svegliarmi la mattina.

La vita cambia, ma in realtà  sono le cose piccole a fartene rendere conto.
Quando smetti di pensare che il vino VERO sia solo quello rosso, e apri una porta cerebrale anche al bianco.
Quando capisci che l’emozione è ok, ma che anche la legge morale dentro di me, diciamo, spacca.
Quando fai cose che hai fatto per anni senza accorgerti e ti sembra la prima volta, e assapori ogni istante come fosse un sogno cosciente, un viaggio astrale, e invece no, e invece sei tu e sei presente.
Quando guardi il cielo nuvoloso e speri e speri e preghi che piova, perché vuoi sentire ancora quel rumore di pioggia sul tetto, così intenso e avvolgente, e vuoi sentirti avvolta e in nessun luogo e ovunque.

O quando ti senti proprio #nella Pasqua del Signore#.

Milano, Bologna, Torino, Venezia, Roma.
Tutto ha un colore nuovo, di possibilità . Non di rancore, non di solitudine, ma di sicurezza, di fiducia, di incoscienza, di libertà  e insieme legame.
“Le cose hanno un altro sapore, quando ci sei tu.”
Già , le cose hanno un altro sapore.
L’azzurro è tornato ad essere azzurro.
Il vino è ancora più buono.
La musica non mi lascia mai.
La vita e le persone intorno e le situazioni hanno un altro volume. E’ tutto più basso, e mi gira in testa una strana melodia…

Per la prima volta, Conversation Galante di Eliot non è la mia poesia preferita. Devo trovare una sostituta al più presto.
Forse una di Hikmet. Quasi di sicuro.

“Sei la mia schiavitù sei la mia libertà 
sei la mia carne che brucia
come la nuda carne delle notti d’estate
sei la mia patria
tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
tu, alta e vittoriosa
sei la mia nostalgia
di saperti inaccessibile
nel momento stesso
in cui ti afferro.”

E per la prima volta capisco il senso di queste parole.

Raduno di Ring!

Sottotitolo: Il raduno visto dagli occhi di una donna
(sotto-sotto titolo: anche gli essere inferiori, a volte, hanno autocoscienza)
(sotto-sotto-sotto titolo: Paolo Ruffino non c’è e io non lo so)

Bene, mi ci sono voluti due giorni per riprendermi, ma si possono tirare delle ottime somme!
Il raduno è iniziato venerdì.
Venerdì sera, tornata dalla festa di laurea della Fede (per inciso, complimenti per il 110 cum laude), ho cucinato un paio di torte e mi sono preparata una valigia enorme piena di cose inutili e un sacco a pelo.
Sabato mattina, svegliata da Ema che mi chiedeva gentilmente dove cazzo fossi, mi sono fatta una doccia alla velocità  della luce e mi sono fiondata in macchina cantando Se mi lasci non vale e altre varie canzoni di Renato Zero e dei Cugini di Campagna: sapevo che avrei dovuto fare la “Persona di un certo livello” per un paio di giorni, la finta intellettuale con idee pacifiste e di sinistra, quindi ho sfogato il mio spirito vecchio nel tragitto da casa mia a Bergamo.
Il cielo era grigio come al solito, come nei 320 giorni annui di Milano, che a volte ti chiedi se sia esplosa una bomba di qualche genere e nessuno ci abbia detto niente, o se abbiamo oscurato il sole per via della guerra con le Macchine e non ci ha avvertito nessuno (né della guerra, né delle Macchine, né del sole).
Arrivo all’uscita di Dalmine, quella prima di Bergamo, e ammiro i colorati e variopinti stabilimenti atti a riciclare e infilare nel cemento con cui poi verranno costruite le nostre case e gli asili dei nostri figli le scorie nucleari di varie potenze mondiali (noi esclusi, ovviamente). Chiamo Ema, ma ha staccato il telefono. Chiamo Neme, e anche lui non mi caga. Non penso di essere la benvenuta, ma non mi arrendo. Chiamo Gunny che risponde dicendomi di piazzarmi Sul Rettilineo. Io mi piazzo e faccio la terona sgasando col motore come se fossi in formula uno. Finalmente arrivano, se no finivo la benzina.
Neme non ha gli occhi bianchi, ma mi fa lo stesso paura. Prima mi inchino, mi inginocchio e solo dopo oso guardarlo negli occhi. Ema è bonario come sempre, mi dico almeno lui mi difenderà . Gunny mi raschia via metà  faccia con la sua barba, e sghignazza della mia bassezza e dei miei polpacci prospicenti. Già  lo odio. Gatsu e Amano aboliscono le formalità  e non scendono dall’auto. Li saluterò dopo, davanti a un GS, proprio mentre mi rendo conto che quella troia di mia sorella mi ha rigato la fiancata della macchina. Non dico niente a nessuno perché nessuno crederebbe che è stata mia sorella. E invece è così.
Facciamo la spesa, cominciamo a parlare di cose imbarazzanti, tipo i preservativi Profilattex2000 esposti alla cassa (mio dio, gravidanza+malattie veneree a go go), poi ci dirigiamo da Ema, affamati e curiosi di vedere che succederà .
La casa di Ema è sempre la stessa. Accogliente, pulita, ma soprattutto TELEVISORE: una bestia da 50 pollici (che non ho mai capito se era un’esagerazione o davvero la sua misura, ma sono femmina, scusate) collocata in una nicchia perfetta, lì, pronta a spararti negli occhi immagini di frag, di paesaggi, di bestiole o di La Fattoria. Quando nessuno mi vede la lecco un po’, poi mi inginocchio e fingo di pregare verso la Mecca, finché Gunny non mi scopre e cerca di uccidermi con una sedia in testa.
Ema cucina. E’ un gran cuoco, ha provveduto ai nostri bisogni alimentari in modo più che egregio, lavando peraltro centinaia di stoviglie che riuscivamo a sporcare a tempo record. A tavola mi siedo vicino a Neme, perché ormai è un’abitudine, mi aspetto che qualche cameriere passi e mi chieda se ho bisogno di aiuto, ma non passa nessun cameriere e soprattutto non ho bisogno di aiuto… Parliamo di massimi sistemi, di vitamortemiracoli, e risultano subito chiari gli schieramenti: Ema è moderato, tranquillo e sicuramente pacifico. Amano (cazzo, non avevo ancora parlato di Amano: personaggione di tutto Respect. Mi accorgo solo dopo due giorni che ha 30 anni e gli dovrei dare del Lei per il fatto che è un genio del giapponese ma soprattutto per il filmato delle marmotte. D’altra parte, a Halo 2 fa schifo quanto me, quindi questo pareggia le cose). Amano, dicevo, tranquillo in placida contemplazione. Ogni tanto sentivo un rantolo, ma credo dipendesse dalle sue innumerevoli allergie (che alla fine non mi ha enumerato) (comunque nella torta salata c’erano davvero peli di gatto, per me sei guarito). Gunny e Neme i due radicali della violenza e della distruzione, morte e sangue ovunque, razzie e genocidi per spopolare la terra e vivere meglio (se semplifico troppo ditemelo). E infine io, giovine dalle belle speranze, fiduciosa nel mondo e nell’amore, nella fratellanza e nell’egualità  degli individui. Tempo poche ore proporrò lo sterminio di massa, la possibilità  di votare solo dopo aver superato un esame e mimerò con perizia il passo dell’oca continuando a sostenere che sì, dobbiamo amarci tutti, che siamo tutti uguali, ma qualcuno è più uguale di qualcun altro.
Comunque.
Cala la penombra e arrivano Musta e Manuela, che mi salva dall’essere l’unica donna del gruppo (la bambola gonfiabile non conta), e infine Lux, che resterà  con noi fino al pomeriggio di domenica integrandosi alla perfezione nel clima di seghe mentali sul tutto. Resterà  basito dalla mia irruenza e dal mio parlare e mi osserverà  con occhi strabuzzati per metà  del tempo, pensando che forse ho qualche bioinnesto cerebrale mal riuscito…
Con Manu si parla di Rocco, cani, gatti, argomenti vari che non ricordo, mi fumo una dozzina di sigarette di nascosto sul balcone e cerco invano di leggere un numero di Ushio e Tora gentilmente concesso (insieme a tutta la raccolta) da Ema. Il detto Ema si addormenta in posizione innaturale contro murodivano nell’angolo sinistro, io salto sui piedi di Gunny che da buon vecchio trevigiano cercava di dormire disteso per quasi due metri sul restante divano, poi ho un vuoto di memoria e mi ritrovo al ristorante. Ovviamente guido io, perché con 15 uomini sulla cassa del morto doveva arrivare una ragazzina a fare da autista. Meno male che mi piace guidare.
Al ristorante ci sono anche degli amici di Ema, caciaroni e Ordaioli (ed erano TANTI, veramente TANTI. Io e Gunny, miseri Ally, ci siamo sentiti sopraffatti. Alla fine li ho rabboniti dicendo che ho un Warlock Non Morto livello 7 e che mi unirò a loro finché morte non ci separi. Sono fuggita dopo aver rollato need su cose che non mi servivano ed essermi attirata ulteriormente la loro ira). Mangiamo, chiacchieriamo, Neme viene giustamente guardato con sospetto dalle famigliole medioborghesi della zona, ma ormai ci siamo abituati, anzi, lo amiamo proprio per questo. Io mi faccio il mio solito inutile giro al cesso, osservando i giardini zen e cercando di rubare, senza successo, un posacenere e un piatto di gamberetti.
Tornando a casa, nella sobrietà  più assoluta, la mia macchina composta da Me, Ema, Amano e Gunny recita ed evoca pezzi salienti del Grande Lebowsky, ricordandoci che alla fine imparare le poesie a memoria alle elementari non serve a un cazzo, ma il Grande Lebowsky sì.
Salutiamo Musta e Manu che tornano a casa, e una volta a casa anche noi ho un altro vuoto e mi ritrovo a correre in mezzo a un prato, corro corro e salto e non riesco a sparare, alzo l’arma , figa dov’è quella merda di grilletto. Sento una voce. Qualcuno sta cantando. E’ Gunny. Non faccio in tempo a rendermene conto che vengo fraggata. E ancora. E ancora. Tre frag in meno di 20 secondi. Ecco dove sono, cazzo. Ho strappato di mano ad Amano il controller del xBox 360 collegata con rocambolesca creatività  al xBox tradizionale e ho OSATO sfididare l’uomo dai 100 frag in meno di un’ora.
L’unico che gli tiene testa è Ema: lo fragga 6 volte tra indicibili dolori e irripetibili bestemmie. Ma la classe non è acqua e Ema ammette “Gunny è bravo”.
Dopo i primi 50 frag a 6, Gunny non si ferma: tocca a Neme e a me farci valere e vendicare l’amico Ema e l’amico Amano caduti in battaglia.
Esito: 50 frag a 0. Per Gunny.
Tempo medio di vita mio: 0.59 secondi.
Tempo medio di vita di Neme: 0.49 secondi.
Gunny va un attimo in bagno.
Dopo cinque minuti è sega.
I più deboli ci abbandonano e dormono. Noi stoici ci guardiamo qualche episodio di Futurama, salvo collassare sul pavimento alle sei del mattino in sacchi a peli di colori a dir poco discutibili. Dormo fino alle 11 con il sole in faccia perché nessuno ha osato abbassare la tapparella. Gatsu dice che ho emesso flatulenze notturne, e non mi sento di smentire questa voce, ma nemmeno di confermarla. Saranno stati i comunisti.
Facciamo colazione con una delle mie due torte, una crostata di simil gomma che tutti mangiano ben educatamente pensando che sia chewingum e invece no. Ci guardiamo un pezzo di film di MGS Philanthropy, fino quando Amano, che era l’unico a non averlo visto, se ne va. Mi mancherà . Anche perché dopo aver scoperto che sa il giapponese mi sembra una specie di semi-dio.
Bacio Lux salutandolo calorosamente, con pacche sulle spalle e Ci vediamo presto. Scopro che tornerà  dopo 10 minuti e mi sento un’idiota.
Il pranzo scorre tranquillo, ma ricominciamo rovinosamente a parlare. BlaBlaBla, parliamo di diversamente abili e segno un punto a mio favore convincendo Neme dei superpoteri dei ciechi. Gunny bofonchia qualcosa sul medio oriente, ma io ho disattivato il chip transvocale LinguaDiGunny-Italiano e non capisco un cazzo. Gli chiedo di parlare in inglese, che è meglio, ma non funziona comunque. Annuisco energicamente e controbatto dicendo che gli uomini si devono amare, ma che sono un’antisociale e sterminerei 9/10 della popolazione mondiale. Ci rendiamo conto, io Neme e Gunny, che la pensiamo allo stesso modo e scorrono lacrime di gioia.
Alle 19 di domenica, dopo una scorpacciata incredibile di paroleopereomissioni, dopo milioni di scoperte (da parte mia), dopo centinaia di risate, di pensieri, di comesistabene insieme, è ora di ripartire. In questo momento, la rivelazione: una bandiera della lazio sullo schermo mi ricorda un Grande Assente. Paolo Ruffino non c’è. E me ne accorgo per tempo. Dopo solo 22 ore.
(Res non c’è nemmeno lui, ma Gunny dice che non esiste e che non mi devo preoccupare).
Portiamo Gunny in stazione e lo lasciamo lì, in balia delle ferrovie. Non arriverà  mai a casa.
Torno a casa cantando a squarciagola Fotoromanza ed Esatto di Francesco Salvi. Sento che sono carica di energie per mesi, dopo questo incontro.
I miei mi vedono tornare e allertano i carabinieri: falso allarme, quelli di internet non erano maniaci. Mangio cibo che non ricordo e svengo nel letto alle ore 21.50. Mi risveglio dopo 12 ore di sonno, senza nemmeno farmi la doccia schizzo in Università , dove tutti mi chiedono perché sorrido così. Io non so cosa rispondere. Forse l’emozione di essere pwnata. Forse il confrontarsi con Gente di un Certo Livello, una volta ogni tanto, forse non so.
Ma sorrido. E sorrido ancora.
E aspetto il prossimo raduno.

C'era una volta un aeroplano…

Serata Peppe
Gli amici sono diversi da come sono io, gli amici fanno scelte diverse dalle mie, gli amici partono per un anno e mezzo e vanno lontano lontano. Gli amici restano, anche da lontano. Gli amici ne senti la mancanza, poi.
Della regola delle vocali.
Delle serate che passano a casa tua a giocare con tuo padre a PES fino alle cinque e mezza di mattina.
Delle battute.

Settimana scorsa mi sono anche messa a piangere.
Ma stasera no. Stasera ci saranno solo risate. Cannelloni di mia sorella.
E crepes alla nutella di Alice (che anche lei, fa la sostenuta, ma alla fine si commuove).

PS: Peppe è partito. E’ dichiarato chiuso il Farewell Party più lungo della storia. Dopo due mesi, sette cene, tre ubriacate e infinite partite a PES, i festeggiamenti di addio sono veramente finiti.
Peppe tornerà  tra un anno e mezzo.
Tra poco cominceranno i festeggiamenti per il suo ritorno. Siete tutti invitati!

Il miglior regalo di Natale

Questo 27 dicembre inaspettato, queste sei del mattino senza avere sonno, tutte le parole di stasera, tutte le chiacchiere, le discussioni, i progetti, il futuro e noi, ancora qui, dopo anni, dopo tutto, così diversi e sempre uniti, così unici, così amici.
Ciao Max. Ciao Paolo.