Festival Poesia '04

Se me ne dimentico ancora, va a finire che finisce e non l’ho segnalato…

Una delle poche iniziative interessanti e dignitose della mia città  (e dintorni). Di solito ci sono solo manifestazioni come Miss Commercio o altre feste simil-trash.
Invece, per fortuna, c’è gente che si impegna e si sforza di mandare avanti (ormai da anni) incontri di un altro tipo, un po’ sperimentali, decisamente artistici.
Se non sapete cosa fare, certe sere noiose di quest’inverno, e abitate in zona, fate un salto al Festival Poesia. Dura fino a Dicembre. Quindi smettetela di guardare reality show diseducativi, mettetevi un cappotto qualunque (nessuno farà  caso a come siete vestiti, è gratis e non c’è selezione all’ingresso) e godetevi un po’ di sana poesia, di musica, di sperimentazione.

Calenda (un giorno prima, per me)

Questa è la notte in cui il velo è più sottile, in cui i vivi si possono avvicinare, in cui possiamo un po’ osservare.
Seduta sul vialetto di casa, ascolto i rumori delle foglie, gli scricchiolii dei rami, il freddo sotto di me, lo strano calore intorno. Al buio, con la luna velata sopra di me e l’infinito dentro, mi sono sentita al riparo, sotto il cielo notturno.
Mi è tornata in mente la Betulla, che per anni è stata la mia confidente segreta. Le sue foglie restavano immobili e silenziose, ma sapevano ascoltare.
Ho guardato il Pino Marittimo, l’ultimo di tre fratelli, che si stagliava nel cielo notturno un po’ incline al suicidio. Gli manca il mare, come dargli torto?
Mi sono ricordata dei tre Peschi dell’orto, che mi hanno dato da mangiare nei lunghi e noiosi pomeriggi estivi. Ai loro piedi cresceva una menta speciale, che aggiungeva al gusto delle pesche un aroma prezioso e irrecuperabile.
Il tronco del Pino Azzurro è stato coperto con un vaso. E’ rimasto appartato e indifferente agli sguardi per anni, finché un giorno non ha iniziato a piangere lacrime gialle e polverose, ed è caduto senza che io lo potessi salutare.

Il mio Giardino, stanotte, mi ha raccontato una storia che già  conoscevo, mi ha ricordato gli anni e i giorni e i minuti che ho passato a giocare con lui, silenziosa e costante presenza, che allora non coglievo, ma che adesso vedo in ogni giorno della mia infanzia, forte e rassicurante.

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Resta il Gelsomino Intrecciato a farmi compagnia, profumato e generoso, quando è il momento, come morto, invece, quando vuole riposare.

Strana notte, questa. Probabilmente non dormirò. Mi capita spesso, da un po’ a questa parte, ma adesso è diverso. Nel sonno dell’assenza, ora, non mi sento sola. Strano. Ma non lo sono.

“Diana Stellis Gravida, Stellarum Diana Regina”

Gandhi, la Pace e la Telecom

Io sono troppo emotiva e impulsiva. Davanti a una pubblicità  come quella nuova con Ghandi che comunica a tutto e tutti mi sono semplicemente suggestionata e ho detto “Ohhhhhhh…”
Che pecora.
In realtà , parlandone con Natan, è venuto fuori che a lui quella pubblicità  “non piace”. Allora ne abbiamo discusso e mi ha spiegato. Mi ha insinuato un dubbio che avevo molto ingenuamente ignorato. Ho capito che forse il mio giudizio era stato un po’ affrettato (e, come sempre, dettato dal sentimento e non dalla ragione).
Bell’idea, bella regia, bello tutto.
Però sorge una domanda, non tanto spontanea, ma plausibile (a me non era venuta): non è in discussione la figura di Gandhi (che magari comunque si rivolta nella tomba), ma il sovra-concetto di Pace. E’ giusto, è legittimo, è permissibile che si utilizzi un ideale come la Pace per fare pubblicità ? E poi (mi denunceranno?) è giusto che lo faccia una compagnia come la Telecom che con la Pace non ha proprio niente a che fare e che, anzi, in alcuni casi si è schierata ambiguamente a favore della Guerra?
Gran bella domanda retorica: la risposta è “No”.
Non è una questione di Pace. Non sto difendendo a spada tratta questo (principio, peraltro, secondo me inviolabile). Poteva essere qualunque altro concetto, qualunque altra Idea Nobile. Non è giusto fare pubblicità  in nome di qualcosa che è di tutti (così come non è giusto strumentalizzare le manifestazioni, le assemblee, le rivolte, eccetera).
Non è giusto fare finta che uno come Gandhi avrebbe potuto comunicare il suo messaggio d’amore e uguaglianza a tutto il mondo. Sì, fare finta. Perché va bene, di Gandhi non ce ne sono tanti, ora come ora, sulla terra, ma è un fatto appurato che piuttosto che rimetterci del denaro, certi messaggi non vengono fatti passare. E dice molto, molto bene Luca Enoch:

La tecnologia delle comunicazioni, soprattutto quella più sofisticata, non è mai stata a disposizione gratuitamente per nessuno. Si paga, e cara. Se all’epoca del mahatma fossero esistite le possibilità  comunicative che vengono mostrate nello spot, con tutta probabilità  non sarebbe stato il pacifico e squattrinato vecchierello indiano a usufruirne, ma qualche suo contemporaneo più facoltoso e, come testimonial, meno presentabile.

Che è, poi, quello che succede anche oggi: non è vero che non ci sono persone che vogliono diffondere certi messaggi. E’ piuttosto vero che ci sono persone più “trendy” che meritano più ascolto di persone meno “fashion”.

Da oggi cercherò di stare più attenta e di non confondermi. Anzi, di non farmi confondere, ecco.

Come regalo conclusivo, ecco una grottesca foto reale sull’argomento…

Roma, Piazza di Spagna, Ottobre 2004

Les Flottants – Esperienze di Video-Arte InterAttiva

Conoscere persone interessanti non è facile. Il motivo è alquanto semplice: essere interessanti presuppone una buona dose di fatica, impegno, delusioni, intraprendenza, tentativi, ma soprattutto creatività  e inventiva.

Tutto nasce dalla volontà  di comunicare e sensibilizzare, in questo caso. E poi, ovviamente, dalla pulsione a esprimersi, a progettare, a sperimentare.
Il gruppo dei Les Flottants, come dice il nome stesso, è un insieme di persone in movimento. La “mobilità ” è duplice: da una parte c’è un’apertura di partecipazione, ognuno può assistere, contribuire, imparare. Dall’altra c’è un’apertura mentale, una capacità  e una volontà  di schivare le imposizioni della società  e di creare percorsi alternativi.
Ancora, però, non ho detto di cosa si occupa questo gruppo, eterogeneo e originale, e farlo non è semplice, perché le parole rischiano di trasformare e fraintendere lo spirito di questo ensemble creativo.
Sicuramente l’obiettivo ultimo dei Les Flottants non è apparire, ma comunicare , sia concetti che sensazioni. All’interno del panorama attuale, in cui forti prevaricazioni vengono portate avanti da più parti (dal consumo di beni concreti alla fruzione di beni virtuali, come l’informazione), questo insieme di artisti mutevoli urla senza arroganza e senza saccenza, ma con molta modestia e disponibilità  al confronto, che esistono mille alternative al tunnel auto-lesionista in cui la nostra società  si infila ogni giorno di più.

Al di là  della spettacolarizzazione, al di là  dell’apparizione su media canonici (e decisamente strumentalizzati), questi artisti sanno comunicare concetti e immagini forti e forse un po’ scomodi attraverso un’innovativa forma di video-teatro. Attraverso metafore visive, iconiche, verbali, elementi tratti dall’immaginario collettivo e dalla cultura di massa ci viene mostrato come viviamo, ma non solo: ci troviamo faccia a faccia con una realtà  dura e scomoda, che ci vede colpevoli, finalmente, e non solo spensierati acquirenti che, grazie al loro contributo, “mettono in moto l’economia”.
Paesaggio Epigastrico, testo di partenza per lo spettacolo, si evolve ad ogni perform-azione del gruppo, per farci aprire gli occhi e farci vedere.

La nostra vita ruota intorno a slogan pubblicitari? Non riusciamo più a capire cosa vogliamo veramente e cosa siamo indotti a desiderare? Sentiamo una specie di inquietudine insoddisfatta che ci porta a cercare qualcosa che nemmeno noi sappiamo?
A questo punto abbiamo due scelte, due percorsi davanti.
Il condizionamento. Facile, semplice, indolore. Va tutto bene, basta mangiare un’altro mezzo chilo di cioccolato e questa sgradevole sensazione di “sbagliato” sparirà  dal nostro cervello e dal nostro cuore.
Oppure una scelta. Tante scelte. Fatte giorno per giorno. Che ci portino alla Inter-Azione, che ci facciano smettere di essere delle bambole passive che vivono in un mondo fittizio, bidimensionale, in una casa-prigione.
Ho osservato attentamente La Bambola, protagonista incosciente dello spettacolo, e ho ritrovato, nei suoi, molti dei miei atteggiamenti di superficiale ignoranza. Ho ascoltata incredula Nemesi, che finalmente mi ha aperto gli occhi su una realtà  che ho sempre fatto finta di ignorare.
Certo, non si può guarireda un giorno all’altro però…
Sono stata fortunata, io. Ho potuto assistere allo spettacolo. E non una, ma più volte. Ho osservato con interesse Francesca, Clemente, Natascia, Laura e tutti gli altri fluttuanti durante le “Prove aperte” tenute in luoghi impensabili e suggestivi in Toscana. Alla Filanda di Forno, per esempio, un paesino vicino a Massa Carrara, tanto sconosciuto quanto suggestivo, oppure al Tago Mago, un locale di Marina di Massa accogliente, originale e attivo dal punto di vista culturale e artistico.
Ho conosciuto persone disponibili e intelligenti, che senza “salire in cattedra” mi hanno insegnato molte cose, ma che soprattutto sono state capaci di incuriosirmi e di interessarmi, tanto che alla fine ho deciso di comprare un certo libro.

E’ solo un punto di partenza. Ma non è proprio questo lo scopo dell’arte? Coinvolgerci a tal punto da permeare la nostra mente anche quando non la abbiamo più davanti agli occhi, anche quando potremmo smettere di pensare.
E’ questo che fanno, i Les Flottants: arte. Con tutto quello che ne deriva.