Confessions (recensione di Giacomo Talamini)
Giappone, Nakashima Tetsyua, 2010, 106′
Miroguchi Yuko è una docente e, in quanto tale, esercita una professione che si può a ragione considerare una vera e propria missione. Un ruolo un tempo rispettato ma che oggi, in un’epoca dove il piacere precede sempre il dovere, risulta svilito e ridotto a mero intrattenitore di una gioventù viziata, annoiata e crudele.
La classe, vero nemico collettivo del film, ha colpito duramente l’insegnante: nel corso di uno scherzo finito tragicamente, due suoi alunni hanno provocato la morte della sua bambina. Tuttavia, anziché spezzarne la volontà , la terribile esperienza ha conferito a Yuko una determinazione ferrea e assoluta nel rendere i due piccoli assassini pienamente consapevoli di quanto hanno fatto. Non una vendetta, bensì lo strumento quintessenziale e ormai perduto del Maestro: il castigo.
Confessions è un film dall’anima nera e primordiale, costantemente in bilico tra l’ossessiva eleganza decorativa della messa in scena e il disperato pessimismo antropologico della sua vicenda, una mischia hobbesiana di vuote crudeltà il cui unico possibile rimedio è l’impiego di diversa forma di violenza, scientifica e strutturata. In un certo senso, e senza particolari timori reverenziali, un Arancia Meccanica d’oriente, cerebrale, gelido e sempre beffardamente in equilibrio, anche quando l’estetizzazione si fa estrema, anche in quei punti dove quasi ogni regista eccede, scivolando dal piedistallo e rovinando il suo numero.
5 su 5