Cos’è successo a Ginevra?

Intendo, nel corso della storia. Esattamente, cos’è successo a Ginevra? Un sacco di cose, suppongo, e io le ignoro tutte, perché sono un’ignorante, nel senso, appunto, che ignoro.

Abbiamo presentato il film in lungo e in largo, qui in Italia, a diversi eventi, ma all’estero mai, questa è la prima volta che “espatriamo”, con tanto di gentile  invito, alloggio e scarrozzo a carico degli organizzatori. Sono un po’ emozionata, se non altro perché non ho idea di come sia questo festival (a cui ci hanno invitato, non siamo stati noi a presentarci, in prima battuta), di come ci accoglieranno.

Il problema più grande, in effetti, è che ho già  finito di fare la passata di pomodoro per l’inverno, quindi sarà  un problema gestire gli ipotetici pomodori che la platea ci tirerà . O magari no, ci lanciano fiori e inneggiano a un’Italia che ce la può fare, visto l’impegno di alcuni suoi figli.

Insomma, c’è dell’aspettativa e molta emozione, almeno da parte mia. Giacomo è un fatalista senz’anima che prende tutto quello che arriva con tranquillità  e posatezza. Io sono qui a casa con le mani sudate che mi alleno a distribuire biglietti da visita. Insomma, il tutto è alquanto comico, ma sono di ottimo umore, fuori c’è il sole e la cosa più bella è che domani viaggeremo in treno, il che significa relax e bei panorami dal finestrino.

Ci sentiamo al nostro ritorno, così vi faccio sapere com’è andata, se dovremo produrre litri e litri di passata con le verdure che ci avranno tirato o se potremo aprire un negozio da fiorista, grazie ai fiori ricevuti.

Se trovo una wi-fi, magari, aggiorno anche Twitter, per la prima volta in vita mia durante un evento…

Io e il mio amico Machete

Il giorno del mio compleanno mi sono regalata il biglietto per la prima di Black Swan al PalaBiennale, alla Mostra del Cinema di Venezia. Perché tanto sapevo che Giacomo e l’ottimo Gian sarebbero venuti con me senza colpo ferire. E così è stato. D’altra parte, quando si parla di cinema, gite insieme e giornate di chiacchiere e girovagare in completo relax, non ci tiriamo certo indietro, noi, mitico trio del Far East e di goduriose serate cinema-popcorn sempre e comunque.

Ieri è andato tutto liscio, dal cielo che era più blu del blu dipinto di blu, dai vaporetti in orario, al fatto che sono finalmente potuta entrare all’Hotel Excelsior anche se ero vestita come una sempliciotta di campagna, dagli innumerevoli panini mangiati ai VIPs avvistati. Che, a dirla tutta, non è che uno va lì per vedere attori & registi, ci vai a vedere i film, e poi scopri con estremo piacere che c’è Tarantino al bar che beve tranquillo, Stanis che si aggira tutto elegante, Danny Elfmann che rilascia dichiarazioni, Salvatores che sorride. Certo, il tutto era iniziato con Eleonora Giorgi e la Ventura che si facevano intervistare/fotografare, più la tristerrima Marina Ripa di Meana con quel cappello fallico ridicolo. Ma è pittoresco anche quello.

Comunque. Mentre stiamo andando via dall’Excelsior senza aver scroccato nemmeno uno spritz, perché siamo persone discrete, vediamo Denny Trejo che esce dall’ascensore e si dirige verso l’uscita, per andare verso la Sala Grande dove di lì a poco sarebbe iniziata l’inaugurazione. Viene assalito da gente più o meno educata. Gian si fa fare un autografo. Io constato da lontano che è proprio uguale a come appare nei film. Perché quest’uomo non solo è il mitico MACHETE, ma ha anche lavorato con il signorino Michael Mann in “Heat – La sfida”. Insomma.

Usciamo e temporeggiamo un po’, poi io in preda al delirio lascivo di questa bellissima città  che è Venezia decido che voglio delle sigarette e mi tuffo saltellando dentro un tabacchino. Pacchetto da 10 a caso. Frugo nella borsa per trovare il portafogli.
In quel mentre, accanto a me, un tizio parla in inglese con la cassiera: vuole comprare una macchina fotografica usa e getta, ma non ha euro, solo dollari. Un rotolone di dollari, peraltro. Io guardo la cassiera, poi guardo lui. O-MIO-DIO! Ma è MACHETE!

Denny Trejo è di fianco a me. Avrà  mille dollari in mano e la commessa non gli vende una macchinetta da 9 euro. A lui. Che è MACHETE. Voglio dire. Glielo dico anche, in effetti, alla cassiera:

“SCUSI, ma lei non sa che quest’uomo è MACHETE?!” mentre Denny Trejo mi guarda incuriosito.

Niente, la cassiera non demorde. I dollari non li vuole. Allora io che avevo giusto i soldi per le sigarette, esco, chiamo Giacomo il quale, salvifico, arriva e paga la macchinetta a Denny Trejo che, per ricambiare, mi dà  cinque dollari. Me ne voleva dare 20, ma io gli ho detto No sono troppi. E poi gli ho chiesto se quei 5 dollari me li firmava. E lui ha detto “Sì, certo.”

E quindi ora mi ritrovo con 5 dollari con su scritto: “I love you. Denny Trejo – Machete”.

Gli stringo la mano. Mi ringrazia. Gli auguro di divertirsi qui. Mi stringe la mano ancora. Addio, mio amico Machete. So che quando avrò bisogno di un favore, tu sarai lì per me. O almeno mi piace pensarlo.

A parte bullarmi tutto il pomeriggio e tutta la sera per questo evento che verrà  inserito per sempre nella mia mitologia personale, ci siamo visti l’ottimo Black Swan (più un altro film raccapriccio, invece, cinese) e ce ne siamo tornati di notte a casa, concludendo alle 3 con un ottimo panino-merda a Treviso.

Oggi ho un mal di testa formato famiglia, un sonno bestia, devo lavorare come non mai, ma non mi importa, perché “la Forza è con me”: ho i 5 dollari che mi ha lasciato il mio amico Machete, e va tutto bene.

Lost è finito…Lost comes to an end…

Lost è finito, io sto per fare il giro di boa dei 30 anni, fuori c’è il sole ed Europa non è nemmeno ai nastri di partenza. Insomma, ce n’è ancora da fare.

E’ che non so cosa dire, se non che ho la testa piena di immaginazione e che adoro chi riesce ancora a farmi fantasticare così.

Grazie di questa storia.

Lost is ended, I am near my 30s, it’s sunny, outside, and Europa is not even an embryo. There’s so much to do… But right now I feel like crying.

I don’t know what to say, I don’t know what to do, but my mind is full of images and imagination and I love those people that make me dream like this, again and again.

Thank you so much!

Far East Film 12 – La Comédie Humaine

Film un po’ spocchioso e molto pretenzioso: una sorta di “Vanzina” impegnato, uno sbrodolamento su una serie di tematiche raffazzonate e trattate “a cazzo di cane” (per usare un francesismo): la dura e solitaria vita del killer, la dura e solitaria vita dello sceneggiatore, le donne e le loro nevrosi, cos’è veramente l’amore, cos’è veramente l’amicizia, tante scuregge, cazzotti e volgarità  gratuite. Un film così fatto in Italia non l’avrei mai visto. Questo mi ha fregato perché dalla recensione e dal titolo aveva un “aspetto” più serio, salvo poi rivelarsi la solita commediola triviale che però cerca anche di insegnare qualcosa (e che quindi fa innervosire ancora di più).

Un killer professionista  si ammala e viene accudito da uno sceneggiatore solo (e brutto e fastidioso e incapace). Tra i due nasce una profonda amicizia e, insieme, maturano, crescono, superano le loro paure e trovano posto nel mondo. Il tutto condito da camicie troppo strette, pance di fuori, bava, pollici succhiati, ragazzine che pesano 40 kg e ti distruggono casa, battute omofobe, eccetera, eccetera, eccetera.

Tristezza a palate, ma la ciliegina sulla torta è la metareferenzialità  finale, per cui uno dei protagonisti prima entra e poi esce dal grande schermo. E ci insegna una preziosa lezione di vita: i protagonisti brutti e fastidiosi NON migliorano col tempo.

2 su 5

Far East Film 12 – Running Turtle

Quest’anno abbiamo indetto una “sfida interna” e ognuno di noi si è fatto portavoce e sostenitore di un film: Running Turtle era quello di Giacomo.

Investigatore goffo, spiantato, licenziato con famiglia a carico cerca soldi facili e, nel cercare di farli, prima perde poi ritrova la fiducia della famiglia (e soprattutto della figlia). Questa, in due righe, la trama del film. Anche se è “solo” un film comico, con buoni innesti d’azione, Running Turtle si comporta bene dall’inizio alla fine, con scontri buono-cattivo degni di nota, con momenti tragicomici e molto, molto amari (come quando la figlia di 7 anni rifiuta la paghetta e dà  i soldi al papà , “perché ne hai più bisogno tu”). Niente colpi di scena eclatanti, niente sorprese a metà  strada, ma per tutta la (lunga) durata del film si arriva a empatizzare con il personaggio protagonista e a sperare che ce la faccia.

Siparietti comici da parte di Giacomo che applaudiva ripetutamente e che si è anche fintamente alzato in piedi alla fine del film, per sottolineare quanto il suo “pupillo” avesse mantenuto le attese. Io ho resistito un po’, ma tutto sommato questo film rientra nello spirito di questo Far East: poche emozioni veramente “forti”, ma una qualità  media decisamente alta.

3 su 5

Far East Film 12 – Gallants

Derek Kwok e Clement Cheng, due registi che mi hanno ricordato due registi nostri amici, hanno diretto questo film d’azione a base di un po’ di stereotipi e qualche sano momento di ilarità . Un giovane e sfigatissimo agente immobiliare viene inviato in una cittadina di provincia a sanare una faida tra due famiglie. Ovviamente, i cattivi sono forti e i buoni sono deboli: così deboli che il Maestro, più abile tra tutti nelle arti marziali e indispensabile per far soccombere la fazione avversa, è in coma da 30 anni. Tiger e Dragon, i suoi due prediletti, lo accudiscono amorevolmente e aspettano fiduciosi il suo risveglio che avverrà , ovviamente, nel momento più opportuno anche se con qualche… imprevista conseguenza (quale la perdita della memoria e, per dirla con un termine tecnico, un rincoglionimento totale del Maestro).

Il film è un inno nostalgico al kung fu di Honk Kong “vecchia scuola” e, in generale, sottolinea di continuo il rimpianto dei bei tempi andati in cui i veri protagonisti erano l’onore, il rispetto e blablabla.

Il film in sé non ha particolari meriti, né narrativi né artistici: i personaggi sono stereotipi ambulanti (il protagonista è il simbolo della decadenza moderna della gioventù senza spina dorsale, l’unica donna presente serve solo per inserire una figura femminile in tutta la narrazione, i cattivi sono cattivi, i buoni sono onesti e leali, il Maestro è il migliore in ogni caso, eccetera), l’esito e la morale sono prevedibili e anche molto banali, tuttavia il film è “un compitino ben fatto” e intrattiene piacevolmente (sempre che non stiate cercando la verità  sulla vita, ecco).

3 su 5